Author:
Data : 2023-01-22 07:53:34
Dominio: corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Leggi la notizia su: CorriereMezzogiorno.Corriere.it
LEGGI TUTTO
Mezzogiorno, 22 gennaio 2023 – 08:53
di Eduardo Cicelyn
C’è una scena nell’ultimo film di Spielberg in cui il regista da cucciolo incontra il mitico John Ford negli Studios di Hollywood. Il burbero maestro gli spiega il suo concetto di cinema interrogandolo su alcuni dipinti di scene western appesi alle pareti dell’ufficio. «L’orizzonte — sentenzia — deve essere in alto o in basso, mai al centro dell’inquadratura». L’attenzione dello spettatore la si deve spostare lontano, verso l’infinito, o portare vicinissimo, dove le cose si schiacciano e non danno più respiro. Ora, senza esagerare nei paragoni, qualcosa del genere mi è sembrato di vedere l’altra sera al Modernissimo nel documentario che in effetti è un piccolo film di Alessandro Scippa. S’intitola «La Giunta» e narra del sindaco Maurizio Valenzi e delle donne e degli uomini che con lui governarono Napoli dal 1975 al 1983. Ed è il racconto della militanza comunista di persone che consegnarono gran parte delle proprie vite all’idea di fare politica in modo diverso, guardando in faccia la realtà sociale e puntando con la teoria e l’immaginazione a un mondo migliore.
Vedere le cose come sono e provare a cambiarle, mai mettendosi al centro della scena, lasciando lo sguardo libero di andare oltre: con il grande cinema western una cosa in comune l’aveva l’ideologia comunista, il pensiero che la storia fosse un movimento collettivo, di gente che si spostava insieme per oltrepassare ogni tipo di frontiera. Una variante della narrazione? Lo sceriffo buono e un pugno di fedelissimi dediti alla causa, in mezzo alle ingiustizie, le sofferenze e la miseria della città oppressa dai cattivi. Di aspetto imponente, carismatico, dai modi educati, il sindaco Maurizio Valenzi interpretò la parte con successo, affrontando una trama complicata da conflitti piccoli e grandi e finanche la sciagura del terremoto.
Alessandro Scippa, figlio di Antonio, assessore dall’inizio alla fine con Valenzi, racconta la vicenda dei funzionari di partito entrati e usciti nelle sei diverse giunte dell’epoca con lo sguardo del bambino, dal basso verso l’alto: un alto quasi irraggiungibile di storie troppo grandi che allontanavano il suo papà e tutti i padri comunisti dalle mogli, dai figli, dalle vite normali delle famiglie normali. Sono loro, i figli della Giunta, i veri protagonisti del documentario: Lucia e Marco Valenzi e Federico Greremicca con Antonella Di Nocera, produttrice e guest star, a passeggio tra i relitti industriali di Bagnoli insieme col padre ex operaio dell’Italsider.
Quando parlano i protagonisti e si vedono i reperti dei filmati familiari incastonati tra gli altri spezzoni prelevati da archivi d’epoca, l’orizzonte alla John Ford domina lo schermo e riempie lo sguardo di noi spettatori di oggi. Vediamo masse di corpi nei comizi, nei cortei, nelle feste, di contro a scene domestiche in stanze con arredamenti stantii, strapiene di libri, mentre in primo piano volti d’epoca di attori incartapecoriti raccontano di sé spalmandosi sull’obiettivo come carte geografiche di vite esemplari stampate lì per sempre.
Alessandro Scippa porta vicinissimo a noi, insomma ci sbatte in faccia una storia personale e collettiva di un manipoli di eroi della politica che non c’è più, così lontana da diventare mitica e per certi versi anche un po’ troppo fantasiosa. Ma il suo non è un documentario sul buon governo di quegli anni, non vuole dire alcuna verità e non si propone di insegnare niente. È il suo modo autoriale di guardare l’orizzonte che fugge lontano (la bella politica di una volta) schiacciando il naso da bambino sulla lastra della finestra che si appanna mentre il padre va incontro a una vita per lui sconosciuta.
Quando alza lo sguardo dove John Ford ha detto che è sbagliato puntare la cinepresa, Alessandro Scippa vede invece la Napoli di oggi svuotata di persone vere, attraversata da piccole folle di turisti indaffarati a rimirare paesaggi messi in posa. La città senza vita reale, senza di noi che saremmo i cittadini, è il controcampo di una passione smorta con il suono rauco della vecchia canzone comunista cantata da Canio Lo Guercio. Perché sarà il caso di ricordare alla fine che questa strana città oggi falsamente vivace è governata da una sinistra il cui impegno moderno non sembra voler suscitare passioni collettive promettendo in cambio molte opere pubbliche. Non vuol dubitare che le promesse saranno mantenute, il regista ormai adulto sembra domandarsi se siano sufficienti a fare politica.
22 gennaio 2023 | 08:53
© RIPRODUZIONE RISERVATA