Centrato in pieno. Alla fine, lo schianto è stato proprio come pianificato: all’1:14 di martedì 27 settembre, la navicella Dart è andata a sbattere a una velocità di 24mila chilometri orari (6 chilometri al secondo) contro il più piccolo dei due asteroidi del sistema binario Didymos – Dimorphos, colpendo quest’ultimo e provocando una deviazione (ancora tutta da quantificare) della sua traiettoria. Così il cosiddetto test di reindirizzamento di un asteroide doppio (Double Asteroid Redirection Test, da cui l’acronimo Dart) costato alla Nasa poco più di 300 milioni di dollari è stato un successo al primo colpo, un tamponamento spaziale organizzato nei minimi dettagli a 11 milioni di chilometri da qui, senza alcun rischio per il nostro pianeta e che ha avuto il merito di dimostrare che l’umanità possiede oggi la capacità tecnologica di modificare la traiettoria di un’asteroide. Quella che sarebbe indispensabile, in futuro, nel caso in cui si scopra che c’è un asteroide davvero in rotta di collisione con la Terra.
Dopo un intero giorno (terrestre) di navigazione autonoma alla cieca, la navicella di appena 570 chilogrammi ha puntato e centrato in pieno il sassolone 10 milioni di volte più massivo e grande grossomodo quanto il Colosseo. Nell’avvicinarsi al proprio bersaglio, Dart ha inviato a Terra con la frequenza di un fotogramma al secondo le nitidissime immagini che stava raccogliendo grazie ai sistemi ottici installati a bordo, che hanno mostrato Didymos – Dimorphos diventare via via più grande mano a mano che l’impatto si stava avvicinando. Fotografie spettacolari che hanno mostrato persino la morfologia dell’asteroide (molto simile a quella dei video delle simulazioni), mentre da Terra la Nasa, l’Esa e milioni di spettatori in tutto il mondo hanno assistito totalmente impotenti, dato che nelle fasi finali dell’approccio Dart non poteva essere comandato da qui.
Un impatto emozionante
A 2 minuti e mezzo dall’impatto, anche Dart ha dovuto sospendere qualunque tipo di manovra, lasciandosi andare per inerzia fino all’auto-distruzione. E se l’impatto in sé non è stato particolarmente spettacolare – in pratica, a un certo punto le trasmissioni con Dart si sono interrotte a causa dello schianto – a emozionare sono stati soprattutto gli ultimi fotogrammi raccolti dalla sonda, che sono riusciti a mostrare persino i dettagli più fini dell’asteroide, a pochi metri di distanza dalla superficie. “La risoluzione delle immagini che abbiamo raccolto è andata oltre le nostre aspettative”, ha detto la coordinatrice della missione Nancy Chabot subito dopo l’impatto, “ed è una grande soddisfazione avere raggiunto appieno il risultato sperato su cui abbiamo lavorato dal 2015 a oggi”.
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di Gianluca Dotti www.wired.it 2022-09-27 05:34:21 ,