In natura esistono poche specie che sono in grado di invertire la linea del tempo, per così dire. Secondo i risultati di uno studio pubblicato su Pnas, la noce di mare (Mnemiopsis leidyi) è una di queste. Un fatto che ha colto di sorpresa anche gli stessi autori della studio.
Noce di mare e meduse
Con il suo corpo gelatinoso e semitrasparente M. leidyi ricorda per certi versi le meduse, ma appartiene in realtà a un diverso phylum. La noce di mare fa infatti parte del phylum Ctenophora, mentre le meduse del phylum Cnidaria. E proprio a quest’ultimo gruppo appartengono le poche specie che già sapevamo essere capaci di ringiovanire. La più nota è la Turritopsis dohrnii, anche detta “medusa immortale”.
Da oggi, però, dovremo aggiungere all’elenco anche la noce di mare: “Abbiamo dimostrato che gli stadi lobati maturi di M. leidyi sono in grado di tornare a uno stadio larvale dopo un periodo di stress”, spiega Joan Soto-Angel, uno dei due autori dello studio, biologo marino e ricercatore presso l’Università di Bergen (Norvegia). “Il fatto di aver trovato una nuova specie che utilizza questa particolare ‘macchina per viaggiare nel tempo’ solleva affascinanti domande sulla diffusione di questa capacità nell’albero della vita animale”.
Lo studio
Ma come hanno fatto gli autori della pubblicazione scientifica a scoprire la capacità della noce di mare di “viaggiare nel tempo”? Ricerche precedenti avevano concluso che la transizione dallo stadio larvale a quello adulto fosse irreversibile in questa specie. Finché Soto-Angel non si è accorto che un esemplare adulto di noce di mare che stava studiando per altri motivi era “sparito” dalla sua tanica. Si era in realtà trasformato in una larva: era ringiovanito.
A quel punto, lui e Pawel Burkhardt, secondo autore dello studio e anche lui ricercatore presso l’Università di Bergen, hanno cercato di riprodurre in modo sistematico le condizioni che causano il ringiovanimento in M. Leidyi. Per farlo hanno mantenuto in taniche isolate un totale di 65 esemplari adulti di noce di mare. Tutti e 65 sono stati sottoposti a digiuno per due settimane, dopodiché sono stati nutriti una volta a settimana con una quantità di cibo ridotta rispetto al normale. Inoltre, 15 di questi 65 esemplari sono stati sottoposti all’asportazione chirurgica di uno dei lobi gelatinosi che costituiscono il loro corpo.
Il digiuno ha innescato il processo di ringiovanimento, ma la sua associazione all’asportazione di uno dei lobi si è rivelata ancora più efficace. Il 40% degli animali sottoposti al doppio trattamento è infatti regredito interamente allo stadio larvale, mentre solo il 14% degli animali sottoposti al solo digiuno prolungato è ringiovanito del tutto. “Questo affascinante risultato aprirà le porte a molte importanti scoperte”, conclude Burkhardt. “Sarà interessante svelare il meccanismo molecolare che guida lo sviluppo inverso e cosa succede alla rete nervosa dell’animale durante questo processo”.