L’0ttimismo si è diffuso invece rapidamente al quartier generale della notte elettorale di Trump, a West Palm Beach, e alla sua residenza di Mar-a-Lago, sempre in Florida. I sostenitori e i donatori del partito hanno cominciato a confluire in massa, prima dell’alba, al centro congressi per acclamare la vittoria di Trump.
Kamala Harris, nella notte, ha invece fatto sapere, dal suo quartier generale alla Howard University, a Washington, che non avrebbe parlato a caldo ma che si sarebbe rivolta al Paese nella giornata di mercoledì.
La grande sconfitta
Harris, la vicepresidente e candidata democratica, ha fatto peggio di Joe Biden in molte circoscrizioni ed è rimasta anche sotto i risultati di Hillary Clinton che perse contro Trump nel 2016. Trump, al contrario, ha superato le proprie performance del 2020 e in molti casi anche del 2016. Se confermato dai conteggi finali, questa volta i democratici non possono nemmeno rivendicare una vittoria simbolica nel Paese: Harris potrebbe infatti essere stata sconfitta da Trump non solo nei grandi elettori, ma, al contrario di quanto accadde a Clinton, anche nel numero di voti popolari complessivi. L’America che ha votato, con un’alta partecipazione alle urne, ha insomma specializzato Trump.
I flussi elettorali
Le analisi dei flussi elettorali spiegheranno migliore, nei prossimi giorni, quali siano state le ragioni della vittoria di Trump, in quali gruppi di elettori il tycoon abbia trovato il maggiore sostegno.
Di certo The Donald ha vinto la scommessa, contro tutti: contro i progressisti e i liberal, contro i conservatori moderati che gli hanno voltato le spalle, e anche contro i suoi stessi collaboratori che per tutta la campagna gli hanno chiesto di trattenersi, di stare sui temi del dibattito, di non lasciarsi andare a volgarità e violenze verbali. Ha vinto Trump, così come lo abbiamo visto nei comizi, fuori dagli schemi. Ha sicuramente fatto migliore che in passato tra le minoranze etniche.