Il tempo dirà se il 30 settembre 2024 è da considerare una giornata storica, come ha affermato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Di sicuro c’è un primato europeo che l’Italia può vantare e che potrebbe anche essere mondiale se si avessero maggiori informazioni sulla esame in Cina: la prima sperimentazione in campo aperto di una vite modificata con tecniche di evoluzione assistita è partita in Veneto, precisamente davanti a Villa Eugenia di San Floriano, una sede distaccata dell’Università di Verona immersa nei vigneti della Valpolicella. Un’operazione veloce, realizzata dal team di studenti e docenti dell’ateneo veronese che in questi anni ha lavorato per sviluppare la tecnologia di evoluzione assistita (Tea) che ha l’obiettivo di migliorare geneticamente una pianta per renderla più competitiva in termini di resistenza e produttività: sono bastati pochi colpi di vanga per mettere a dimora 5 piante di Chardonnay Tea e 5 piante controllo, queste ultime non modificate.
Nelle prossime settimane se ne aggiungeranno altre fino a formare un lungo filare: l’area è delimitata da una rete metallica accessibile solo al personale autorizzato e sottoposto a sorveglianza 24 ore al giorno. Misure di sicurezza rese necessarie da possibili vandalismi, già verificati lo scorso giugno nel campo di Pavia dov’era stato impiantato il riso sperimentale.
Niente fitosanitari per testare la resistenza
Aspetto fondamentale della sperimentazione è l’assenza di fitosanitari, preparati contenenti una o più sostanze attive destinate a proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi e a prevenirne gli effetti. Lo scopo è di verificare in pieno campo la resistenza a uno dei principali agenti patogeni della vite, la peronospora e, di conseguenza, la possibilità di un minor utilizzo di questi prodotti. Il prossimo appuntamento è per la primavera quando si potrà verificare se le piante Tea hanno resistito ai rigori invernali e sono sbocciate le prime gemme. Per i primi grappoli bisognerà attendere il 2026. Un altro momento importante è controllare se lo sviluppo, la crescita e la produzione della pianta rimangono normali rispetto alle 5 piante di controllo che resteranno, anche queste, senza la protezione dei fitosanitari.
Con la Tea si modifica il genoma
La messa a dimora all’aria aperta arriva dopo la sperimentazione in laboratorio e rappresenta l’ultimo atto di una esame iniziata nel 2012 quando venne scoperto il sistema Crispr-Cas9 che decretava la possibilità di modificare geneticamente qualunque tipo di cellula vegetale, animale, compresa quella umana. Nel 2019 nuova tappa con la mutazione di una singola cellula, l’anno dopo si definisce il termine Tea, ovvero le tecniche che permettono di modificare direttamente il genoma della pianta senza la necessità di ricorrere all’inserimento di dna estraneo, come accade invece per gli ogm. Il 2020 è stato decisivo per il gruppo di genetica agraria coordinato da Mario Pezzotti del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona perché è nato anche il braccio operativo Edivite, una società spin off dell’ateneo con la partecipazione di soci privati. Nel 2022 sono avvenuti altri due fatti importanti: viene piantata la prima vite geneticamente modificata in laboratorio e depositato il brevetto per le viti Tea.
Collaborazioni con Napoli, California e Francia
Le aspettative sono forti, c’è in gioco la possibilità di eliminare o quantomeno ridurre l’utilizzo dei fitosanitari per proteggere i vigneti da peronospora e oidio, due patologie che aggrediscono le piante provocando ingenti danni. Il 40% dei pesticidi è impiegato in questo settore che occupa solamente il 2% della superficie agricola. Sara Zenoni, docente di Genetica Agraria dell’università̀ di Verona che ha seguito il progetto dagli esordi, si dichiara ottimista: “L’obiettivo è allargare la sperimentazione ad altri vitigni come il Corvina, il Garganega e il Cabernet Sauvignon, è anche un modo per fare rete nel territorio”. Non c’è solo Veneto, sono in programma collaborazioni con altri atenei: “L’università di Napoli è interessata a realizzare il nostro progetto per l’Agnanico e la Falanghina, abbiamo richieste di supporto scientifico anche dalla California e dalla Francia. È importante questo interesse cui dovremo offrire le nostre capacità”.
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di Giovanni Seu www.wired.it 2024-10-02 10:02:28 ,