Author: Francesco Verderami
Data : 2022-12-09 21:49:27
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La trattativa necessaria con Bruxelles per avere nuove risorse
Cosa c’è dopo capo Horn? La Finanziaria e il Pnrr sono gli scogli sulla rotta del governo, che deve evitare l’esercizio provvisorio e centrare gli obiettivi del Piano. Poi si entrerà in mare aperto. Solo allora si inizieranno a capire le sorti di un sistema politico che vive un processo di destrutturazione figlio del risultato elettorale. Nel centrodestra Lega e Forza Italia attraversano una fase molto critica, con Salvini costretto a fronteggiare lo smottamento del partito nelle roccaforti del Nord ad opera di Bossi, e Berlusconi impegnato a coprire con sempre maggiore fatica le divisioni tra i suoi ministri e i suoi gruppi parlamentari. La «spallata» nelle urne di Meloni sta producendo scissioni nel Carroccio e situazioni da separati in abitazione tra gli azzurri. In questo contesto, i rapporti di forza nella coalizione mettono al riparo la premier da qualsiasi ipotetica manovra che possa destabilizzarla.
Se così sono messi i suoi alleati, i suoi avversari sono ancora più deboli. Non solo il fronte delle opposizioni è diviso, ma il partito che ha rappresentato finora il perno del centrosinistra, sta perdendo il suo ruolo a vantaggio dei grillini e rischia di spaccarsi. Le assise del Pd sono una scommessa più che una competizione per la segreteria: persino le primarie sono considerate «pericolose» — come ha detto ieri il sindaco di Pesaro Ricci — per la convivenza tra l’area progressista e quella riformista. E quando il governatore pugliese Emiliano avvisa che in futuro il partito non dovrà avere più rapporti con il Terzo polo ma «potrà allearsi solo con M5S», di fatto invita gli ex renziani alla porta.
Insomma, il quadro politico sembrerebbe offrire a Meloni una posizione dominante nel sistema. Ma la navigazione del suo governo non dipenderà dagli assetti in Parlamento e dagli equilibri di partito. Quando avrà doppiato capo Horn il 31 dicembre — ponendo al riparo la legge di Stabilità — finirà lo scudo della «fase di emergenza» che per certi versi ha tutelato l’operato del suo gabinetto, costretto a varare la manovra in tempi strettissimi. Con l’inizio del prossimo anno, invece, la premier dovrà iniziare a dispiegare il suo progetto per il Paese. Sarà quello il momento della «verifica». E, come sottolinea un ministro, «trascorsa la luna di miele bisognerà vedere se si consolida il rapporto di governo». Gli alleati l’attendono alla prova, ma non sarà quello il vero ostacolo.
«La verifica per Giorgia sarà a Bruxelles — spiega un autorevole rappresentante di Fdi — quando dovrà trattare la rimodulazione del Pnrr con l’Europa». Ecco il bivio. L’esito della mediazione inciderà sulla spinta propulsiva del governo e stabilirà anche l’orizzonte della legislatura. A palazzo Chigi sono consapevoli che «il programma di investimenti del Piano e dei Fondi di coesione sono gli unici strumenti di risorse a nostra disposizione»: un flusso di oltre quattrocento miliardi «che non potremmo ricavare attraverso la legge di Stabilità». Con i conti pubblici del Paese, trovare soldi da destinare a un obiettivo è già un’impresa. Che al governo non basterebbe e non servirebbe.
C’è un motivo quindi se Fitto — che ha la delega sul Pnrr e si muove in stretto rapporto con Meloni — ha avviato delle consultazioni sulla materia con i colleghi degli altri dicasteri e con le loro strutture ministeriali: incontri singoli che durano un paio di ore, durante le quali — racconta uno dei partecipanti — viene fatta una «risonanza magnetica» sui problemi che si incontrano per attuare il Piano. Fonti di governo assicurano che gli obiettivi fissati per il 31 dicembre «verranno completati». In caso contrario, le parti mancanti verrebbero inserite in un decreto legge che conterrebbe anche la governance.
Ma il traguardo non è ovviamente solo quello di fine anno. La premier ha interesse a capire cosa accadrebbe dopo aver superato capo Horn, se il sistema sarebbe cioè capace di «mettere a terra» le risorse da investire negli anni successivi. Ed è chiaro il motivo per cui i nodi tecnici hanno una valenza politica: potrebbero ingarbugliare la strategia di Meloni o potrebbero agevolarla, risolvendo i problemi di maggioranza. «Le nozze — sussurra un fedelissimo della premier — non si possono fare con i fichi secchi».
La «verifica di Bruxelles» sarà insomma la «verifica di governo». Un esito positivo potrebbe far partire il progetto pluriennale del governo sulle riforme: quella del fisco, delle Autonomie, della giustizia, della Costituzione. Altrimenti sarebbe un tirare a campare. Chissà per quanto.
9 dicembre 2022 (modifica il 9 dicembre 2022 | 23:43)
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