“Non tornare più, non ci pensare mai a noi…non ti fare fottere dalla nostalgia”. In una scena cult del film Nuovo cinema Paradiso Alfredo, proiezionista in una sala della provincia siciliana, rivolge queste parole a Salvatore, il suo giovane amico e allievo prediletto, mentre quest’ultimo sta per salire su treno con un biglietto di sola andata per Roma. Salvatore seguirà alla lettera i consigli del cinico e amorevole mentore e amico, e realizzerà il sogno di diventare un regista affermato a Roma senza mai voltarsi indietro verso il passato, mentre il Nuovo cinema paradiso finirà in rovina. Il film si svolge in un’ epoca e in un luogo in cui è difficile inseguire aspirazioni culturali in provincia, e per trovare la propria strada è necessario andarsene. E se invece oggi, al contrario di ciò che accadeva nel film premio Oscar 1990, a indicare la nuova strada per salvare le sale cinematografiche fossero proprio i cinema di provincia?
Dieci anni fa a Perugia nasceva l’Anonima Impresa Sociale, una cooperativa composta da 4 giovani professionisti del mondo della cultura e amici che si indebitavano per 4000.000 euro per riaprire un cinema storico: il Modernissimo, che il 16 dicembre 2014 rinasceva sotto il nome di PostModernissimo. Oggi, dieci anni più tardi, l’Anonima Impresa Sociale ha non solo ripagato tutti i debiti, ma anche triplicato il suo valore di produzione e riaperto altre due sale decisive in Umbria: il cinema Metropolis a Umbertide nel 2017 e il cinema Astra a San Giustino nel 2023. Al PostModernissimo ogni tre mesi si tiene un’assemblea in cui gli spettatori soci presentano le loro istanze e partecipano di fatto alla direzione artistica. Ci sono incontri con gli autori settimanali e iniziative che negli ultimi dieci anni hanno ispirato una ‘nuova onda’ di esercenti in tutto il Paese. Abbiamo intervistato i fondatori Giacomo Caldarelli, Andrea Frenguelli e Ivan Frenguelli (il quarto socio inventore Andrea Mincigrucci è uscito dalla cooperativa).
Come funziona il vostro modello, dal punto di vista filosofico ed economico?
Giacomo: Per noi è fondamentale l’attivazione di una comunità. Ad esempio a San Giustino, dove lo scorso dicembre abbiamo riaperto il cinema Astra, non siamo arrivati in veste di imprenditori che aggrediscono un nuovo mercato che si sta sviluppando per portare lì il loro modello, non funziona così. Siamo andati a San Giustino per incontrare persone. Lì abbiamo trovato un’associazione culturale composta da volontari fortemente connessi con le dinamiche, le domande e i bisogni del territorio. Noi siamo stati di supporto nel dare queste risposte. Abbiamo aiutato a riaprire il cinema e abbiamo individuato all’interno dell’associazione due persone che ora stanno gestendo la sala con risultati ottimi. L’economia è conseguente.
Anche per il cinema Metropolis fu così?
Giacomo: Esatto, lì c’era un’associazione che gestiva un cinema con difficoltà economiche, da sola nel mare della concorrenza. Entrare in cooperativa per loro significava acquisire forza e stabilizzare la posizione di persone che oggi sono assunte.
Ivan: rispondiamo a bisogni che le comunità esprimono. Sono loro che ci cercano.
La dimensione della provincia vi permette di avere un dialogo più diretto con il pubblico?
Andrea: La metropoli non è più in grado di raccogliere le richieste del pubblico perché i territori sono troppo vasti. Non credo che il Cinema Troisi di Roma si possa permettere di avere l’interazione e la conoscenza dell’audience che abbiamo noi. Lì passano centinaia di migliaia di persone, da noi ne passano 40.000 all’anno e le chiamiamo tutte per nome, ascoltiamo i loro desideri, sono loro a suggerirci i film e le rassegne che vorrebbero vedere. In questo modo la provincia torna ad essere centro di produzione della cultura.
Giacomo: c’è stato un prima e un dopo il PostModernissimo. Oggi ci sono cinema in giro per l’Italia che si sono lasciati contaminare e hanno creato e stanno creando un modello di sala d’essai che piace ai giovani, luoghi divertenti e piacevoli. Il cinema Troisi di Roma si è fatto contaminare dal Postmodernissimo, a Milano il cinema Beltrade è riuscito a costruire un modello che è un punto di riferimento inarrivabile.
Voi a chi vi siete ispirati?
Ivan: Questa roba in Europa c’era già. Il genio ruba. Abbiamo osservato un modello che funzionava su scala europea e l’abbiamo portato in scala perugina.
Giacomo: In Germania o in Francia ci sono cinema bellissimi gestiti da 30enni, sempre pieni.
Andrea: La differenza la fanno anche le serate con gli ospiti: anche 2 o 3 a settimana. Si tratta di rompere la quarta parete, non sei solo lì a guardare ma il film esce dallo schermo e vuole parlare con te. La presenza dell’autore o del critico danno allo spettatore un motivo per uscire di casa, per guardare il film in sala e non in streaming. Così il Postmodernissimo diventa un’agorà, una piazza da animare.
Che fascia di età hanno i vostri spettatori?
Ivan: Il 70% del nostro pubblico è under 40. Tutto questo anche grazie al bar all’ingresso in una certa misura… Quando entri e quando esci ci passi davanti e noi ti intercettiamo e ti chiediamo se il film ti è piaciuto. Poi c’è gente che vieni solo ed esclusivamente per il bar, si affeziona al posto e poi entra anche in sala prima o poi.
Come si tiene unità la comunità?
Andrea: Ogni tre mesi noi teniamo un’assemblea con spettatrici e spettatori associati. Devono sottoscrivere una carta che offre dei vantaggi in cambio dei quali chiediamo una sola cosa: la partecipazione a questa assemblea, un momento di scambio puro. Sono persone a cui chiediamo un investimento del loro tempo per disegnare il Postmodernissimo sul loro interesse e sulle loro istanze culturali. La pandemia ci ha dato un overdose di remoto ma il contatto sociale non è solo auspicabile, è molto desiderato. Il responso umano che abbiamo nelle nostre sale è molto vivo.
Ivan: L’assemblea è un dialogo. Faccio un esempio banale, all’ultima riunione alcuni spettatori ci hanno detto: siamo un po’ più anziani, abbiamo difficoltà a seguire la rassegna delle 21.30… Pronti: dal mese successivo abbiamo abbassato l’orario delle rassegne alle 20.30. Durante l’assemblea e poi soprattutto al cinema, prima e dopo le proiezioni, il pubblico più anziano si interfaccia con quello più giovane che magari ha 40 anni di meno. C’è uno scambio di idee e un confronto sociale e culturale anche da un punto di viste intergenerazionale.
Giacomo: Noi siamo i direttori artistici ma accogliamo tutte le proposte. Il nome Anonima Impresa Sociale nasce da questo: non è legata alle persone che l’ hanno creata, ma resta disposizione di chiunque, condividono i nostri valori, voglia abitarla.
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di Michele Bonucci
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2024-03-15 15:25:04 ,