La stretta delle aziende sulle riunioni online, se la logorrea tracima dallo schermo

La stretta delle aziende sulle riunioni online, se la logorrea tracima dallo schermo

La stretta delle aziende sulle riunioni online, se la logorrea tracima dallo schermo



Nel mio mondo, che è quello universitario, il 99,9% delle riunioni cui si è costretti a partecipare sono inutili. Quando ce n’è una, qualunque essa sia – tanto ormai ce n’è per tutti i gusti: le competenze dei docenti, il riscaldamento nelle aule, lo stalking, l’inizio del primo semestre… – si perde il filo, si perde la concentrazione, si perde la voglia. Chi prende la parola, essendosi da tempo persa qualunque capacità di sintesi, non la smette più di parlare. E dopo un po’, non solo nessuno ascolta più, ma nessuno è nemmeno capace di prendere una qualsivoglia decisione.

Un’assurda moltiplicazione oltre la pandemia

Non ho mai capito perché, negli ultimi anni, le riunioni si siano così tanto moltiplicate né perché, dopo l’iniziale rallentamento con il lockdown – dovuto più che altro allo spaesamento tecnologico dei non nativi digitali – siano poi riprese, e addirittura aumentate. Cioè. Un’ipotesi ce l’ho pure. Se non servono a risolvere i problemi, le riunioni servono pur sempre a qualcosa, e in particolare a farci sentire tutti con la coscienza a posto. Si occupa il tempo facendo finta di lavorare. Si fa atto di presenza, e non ci si sente in colpa per tutto ciò che si sarebbe dovuto fare e che si rimanda, annegando nella procrastinazione. 

Una scorciatoia per non impegnarsi

Diciamocelo: è molto più facile riunirsi che lavorare davvero, e quindi scrivere un articolo o terminare un’inchiesta, preparare le lezioni o anche solo leggere. Con questo, ovviamente, non voglio dire che non esistano motivi seri e che necessitano incontri e discussioni tra colleghi e partner professionali. Esattamente come non è affatto mia intenzione generalizzare queste mie rapide considerazioni sulle riunioni universitarie, e pretendere che gli incontri e i meeting siano inutili e assurdi anche in tutti gli altri ambiti lavorativi.

La frase standard

Ma a chi non è mai venuto il sospetto che la famosa frase “sono in riunione”, quella frase che ci si sente ripetere ogniqualvolta si prova a chiamare il marito, il collega, l’addetto stampa, l’editor, il responsabile marketing o il direttore delle risorse umane, sia ormai la scusa per eccellenza, ciò che permette di evitare di far fronte ai veri problemi che possono esserci o sorgere? Tanto più che, in quest’epoca di smart working, al danno si è aggiunta la beffa: ci siamo un po’ tutti illusi che avremmo potuto passare più tempo in famiglia, evitando le ore perse in macchina, in metro, in treno o in autobus, e poi ci si è ritrovati a fare lo slalom tra Teams, Meet e Zoom, ore e ore sulle piattaforme senza lavorare davvero, ma senza nemmeno poter approfittare di figli e nipoti. Questo è quanto. Speriamo che a qualcuno venga un’idea per uscire dall’impasse, evitando magari di sottometterla all’opinione generale durante l’ennesima (e inutile) riunione



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-01-06 17:18:24 ,www.repubblica.it

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