È un bilancio drammatico quello che proviene dall’Europa stazione e orientale, dove la tempesta Boris, un sistema di bassa pressione originatosi nell’Italia settentrionale, ha scaricato piogge torrenziali a partire da giovedì 12 settembre, provocando inondazioni catastrofiche in diversi paesi. Le autorità confermano almeno 16 vittime: sei in Romania, quattro in Polonia, una in Austria, una in Repubblica Ceca e un pompiere deceduto durante un’operazione di soccorso.
Sette persone risultano ancora disperse nella Repubblica Ceca, mentre migliaia di sfollati sono stati costretti ad abbandonare le proprie case travolte dalla furia delle acque. I dati delle stazioni meteorologiche indicano che le precipitazioni di settembre sono le più intense in questa zona dal 1950.
La situazione in Repubblica ceca
In Repubblica Ceca, epicentro della catastrofe, l’allerta è ancora alto. Il capo della polizia Martin Vondrášek ha confermato alla radio locale che “una moglie è annegata in un ruscello esondato nei pressi di Bruntál”, mentre altre sette persone risultano disperse. Il primo ministro Petr Fiala ha lanciato un appello alla cittadinanza: “Seguite le informazioni dei sindaci e dei pompieri”. Finora sono state evacuate almeno 12.000 persone in tutto il paese.
La città di Litovel, 230 km a est di Praga, è sommersa per il 70% dalla piena del fiume Morava. Il sindaco ha disposto la chiusura di scuole e strutture sanitarie. A Opava, su una cittadinanza di 56.000 abitanti, fino a 10.000 persone sono state invitate a spostarsi in zone più elevate. “Non c’è motivo di aspettare”, ha dichiarato il sindaco Tomáš Navrátil alla radio pubblica ceca, affermando che la situazione è “peggiore rispetto alle ultime devastanti inondazioni del 1997, note come l’alluvione del secolo”.
In Polonia e Austria
In Polonia, invece, il bilancio del passaggio della tempesta Boris è salito a sei vittime. Il primo ministro Donald Tusk ha convocato una riunione di emergenza del governo per accelerare il sostegno alle zone colpite. I vigili del fuoco hanno confermato la morte di un chirurgo nella città di Nysa e di altre quattro persone nelle città meridionali di Bielsko-Biała e Lądek-Zdrój.
La situazione non è migliore in Austria, dove due uomini di 70 e 80 anni sono annegati dopo essere rimasti intrappolati nelle loro case a Böheimkirchen e Sierndorf, nella Bassa Austria. Il cancelliere Karl Nehammer ha affermato che “la situazione continua a peggiorare”, in particolare nella Bassa Austria, dichiarata area disastrata. Oltre 10.000 soccorritori hanno evacuato 1.100 case nella zona.
In Romania
In Romania si contano sei vittime dal fine settimana. Il primo ministro Marcel Ciolacu ha dichiarato che “la quantità di acqua è stata quasi tre volte maggiore” rispetto alla peggiore inondazione recente del 2013. Le grandi città si preparano al peggio. Budapest e Bratislava stanno correndo ai ripari per fronteggiare l’innalzamento del Danubio. In alcune zone i fiumi potrebbero raggiungere i livelli massimi solo nei prossimi giorni, prolungando l’emergenza.
Aiuti dall’estero
in quel mentre la comunità internazionale si è mobilitata per offrire sostegno ai paesi colpiti. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha definito le immagini delle aree allagate “drammatiche” e ha assicurato che la Germania è pronta ad aiutare. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha espresso solidarietà alle vittime e ha promesso il supporto dell’Unione Europea. Mentre il commissario europeo all’agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha dichiarato in un post su X che la Commissione europea “collaborerà con gli agricoltori e gli Stati membri interessati e valuterà tutte le possibilità di sostegno da parte dei fondi dell’Ue“.
Gli scienziati del clima lanciano l’allarme. Joyce Kimutai, del Grantham Institute dell’imperial college di Londra, ha dichiarato al Guardian che “le precipitazioni catastrofiche che hanno colpito l’Europa stazione sono esattamente ciò che gli scienziati si aspettano dal cambiamento climatico“. Secondo gli esperti, l’intensità degli eventi di forti precipitazioni aumenta del 7% per ogni grado di riscaldamento unitario. Con l’attuale incremento di 1,2°C, gli eventi estremi sono mediamente più intensi dell’8%. Sonia Seneviratne, climatologa presso l’Eth di Zurigo, ha spiegato che il Mar Nero e il Mar Mediterraneo, riscaldati dal cambiamento climatico, hanno fornito gran parte del vapore acqueo che ha alimentato le piogge torrenziali.