AGI – Fino a pochi giorni fa la Transnistria era conosciuta soprattutto come meta turistica sui generis, una sorta di macchina del tempo in grado di riportare i più avventurosi ai tempi dell’Urss.
Abitata da poco più di mezzo milione di persone, questa piccola lingua di terra tra la Moldova, di cui fa formalmente parte, e l’Ucraina, è l’ultimo Paese al mondo ad avere la falce e martello nella bandiera.
E sono centinaia i viaggiatori che vi si recano ogni anno per ammirare le imponenti architetture sovietiche e i busti di Lenin disseminati in ogni dove. Lo scorso anno aveva poi fatto notizia il clamoroso ingresso della squadra di calcio della capitale Tiraspol nella Champions League.
Questa piccola repubblica separatista filorussa, la cui indipendenza non è riconosciuta nemmeno da Mosca, è finita sotto i riflettori delle cronache internazionale quando, due giorni fa, il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, aveva mostrato una mappa che sembrava indicare le possibili direttrici dell’attacco russo all’Ucraina.
E, a Sud Ovest, ce n’era una che puntava sulla Moldova attraverso la Transnistria, che confina a Est con l’oblast ucraino di Odessa.
Il governo moldavo, nel timore di essere la prossima preda nel mirino del Cremlino, si è affrettato a chiedere l’adesione dell’Unione Europea.
E a Chisinau, dove si è visto due giorni fa l’Alto Rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, arriva oggi il capo della diplomazia Usa, Antony Blinken. Eppure quando, dopo l’annessione della Crimea, le autorità di Tiraspol chiesero di essere a loro volta inglobate dalla Russia, Mosca rispose che non era nell’interesse della Federazione.
La Russia, nondimeno, offre consistente sostegno finanziario al territorio, che ospita una base militare russa con 1.500 truppe e, nel villaggio di Cobasna, un deposito con 22 mila tonnellate di munizioni, tra i maggiori, se non il maggiore, dell’Europa orientale.
Mosca aveva mandato i suoi uomini come forza di pace dopo il conflitto del 1992, durato alcuni mesi e costato oltre 4.000 decessi, che segnò la separazione dalla Moldova, diventata indipendente e non intenzionata a restare intrappolata nel socialismo reale. Da allora i soldati sono rimasti lì, per controbilanciare la Romania, Paese Nato con una forte influenza sulla Moldova che, come Mosca, aveva addestrato e armato una delle due fazioni in lotta.
Più che la porta per un’invasione della Moldova, la Transnistria potrebbe quindi diventare un fronte supplementare per la conquista dello strategico porto di Odessa, distante appena 104 chilometri da Tiraspol.
Tra le esercitazioni svolte nelle settimane scorse dalla Russia in vista dell’invasione, una, conclusa il 2 febbraio, ebbe come teatro proprio la Transnistria. Mosca affermò che scopo delle manovre era proteggere i loro cittadini nella repubblica separatista.
Dal 2002 il Cremlino ha infatti cominciato a rilasciare passaporti ai residenti della Transnistria, in maggioranza russofoni, mossa che suscitò le ire di Kiev e Chisinau.
Ora questo nostalgico residuo di un’epoca passata rischia di essere trascinato di peso nel conflitto, portando la guerra ancora più vicino ai confini dell’Unione Europea e della Nato.
Il ministro degli Esteri moldavo, Nicu Popescu, ha dichiarato in questi giorni a Foreign Policy che al momento “non si assiste ad alcuna attività insolita” nella regione.
“Siamo però preoccupati che ciò possa cambiare in fretta”, ha aggiunto. Una preoccupazione sempre più sentita e condivisa anche a Bruxelles e Washington.
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Francesco Russo , 2022-03-04 23:26:42
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