Sulla base dell’indice di replicazione diagnostica nazionale del Coronavirus – l’RDt -, l’Associazione italiana di epidemiologia prevede che, entro fine novembre, il tasso di incidenza settimanale arriverà a 250 casi ogni 100 mila abitanti in cinque regioni. Numeri da zona arancione, considerando i parametri utilizzati in passato per l’incremento delle restrizioni. L’indice RDt, si legge nel report, «è pari a 1,42 e superiore all’uno in tutte le regioni». Ciò è sintomatico di «una significativa accelerazione nella diffusione dei contagi»: per porvi rimedio l’Associazione propone cinque raccomandazioni. La prima riguarda la promozione della «vaccinazione dei soggetti che, fino ad ora, non hanno aderito all’offerta puntando a campagne mirate di chiamata attiva», insieme a una spinta nelle somministrazioni della dose booster. Analizzando i dati relativi a contagi, ricoveri e decessi, l’associazione stima che, nel mese di ottobre, se delle 235 mila persone over 80 No vax se ne fossero vaccinate 367, si sarebbe evitato un contagio. Con 783 somministrazioni in più in questo range di età, si sarebbe evitato, invece, un ricovero. Infine, con 1.365 vaccinati in più tra i soggetti over 80, si sarebbe evitato un decesso.
«Con l’aumento prevedibile dell’incidenza nelle prossime settimane, il guadagno in numeri assoluti di eventi evitati con l’immunizzazione risulterà ancora maggiore», si legge nel documento dell’associazione. «Rispetto all’autunno scorso, il rilassamento di alcune misure di prevenzione sta portando ad un aumento dell’incidenza di sindromi influenzali, in particolare nelle fasce di età 0-4 anni, che certamente complica e aggrava il lavoro di inquadramento diagnostico e di gestione dei casi». Le altre raccomandazioni racchiuse nel report prevedono sforzi per evitare la diffusione del virus tra gli under 12, per i quali l’immunizzazione non è ancora disponibile, il ripristino delle misure di protezione come il distanziamento fisico, la ventilazione degli ambienti. È «indispensabile assicurare la tempestività negli interventi di accertamento diagnostico dei casi sospetti, isolamento dei positivi e tracciamento dei contatti stretti». Le attività di contact tracing, sottolineano gli epidemiologi, sono inficiate da «un depauperamento delle risorse umane a disposizione dei dipartimenti di prevenzione, a seguito della scadenza dei contratti del personale assunto per l’emergenza. Occorre pertanto – concludono dall’associazione – garantire un potenziamento degli organici e degli strumenti di sorveglianza dei dipartimenti».
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Scritto da Redazione perwww.open.online il 2021-11-15 12:58:29 ,