TORINO – Il pugno alzato e l’abbraccio con il proprio avvocato. Due semplici gesti, vittoria e gioia. Ma anche la narrazione del risultato che Alfredo Cospito ha atteso e sperato. E in un certo senso, preventivato. L’anarchico insurrezionalista, considerato l’ideologo della Federazione anarchica informale, sfugge all’ergastolo. Il verdetto della Corte d’assise d’Appello di Torino, pronunciato dopo quattro ore e mezzo di camera di consiglio, è un punto di equilibrio tra la gravità del reato contestato — strage politica, così come era stato riformulato dalla Cassazione — e il bilanciamento tra le attenuanti generiche, la «lieve entità» del fatto e l’aggravante della «recidiva specifica» (quest’ultima dettata dall’attentato all’ad di Ansaldo, Roberto Adinolfi, e dalla scia di plichi esplosivi spediti tra il 2003 e il 2016). L’esito è una pena di 23 anni di carcere, che sostituisce la precedente a 20 che l’anarchico sta già scontando nel carcere di Sassari. .
La sentenza riguarda l’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, a giugno 2006. Un progetto messo in pratica con due ordigni temporizzati, programmati per esplodere a mezz’ora l’uno dall’altro. Il primo avrebbe dovuto fare da esca, il secondo era stato creato per colpire. Il caso — i carabinieri non hanno percepito la gravità della prima deflagrazione — ha evitato la strage. Per «dabbenaggine dei militari», ha detto il procuratore generale Francesco Saluzzo. Che fino all’ultimo ha insistito su una condanna all’ergastolo. Non ci furono decessi e feriti e gli unici danni riguardarono i cassonetti dell’immondizia dentro i quali erano state nascoste le bombe artigianali: è la «lieve entità» del fatto. Ecco perché Cospito scampa al «fine pena mai». La sentenza della Corte d’assise d’Appello si muove nel solco tracciato della Corte Costituzionale.
Era stato proprio il collegio torinese a sollevare di fronte alla Consulta l’eccezione di legittimità costituzionale sulla «pena fissa», cioè sull’impossibilità di bilanciare attenuanti e aggravanti e di conseguenza sull’inibizione al giudice di calibrare la pena secondo il caso specifico in esame. Il 18 aprile gli ermellini avevano dato il via libera all’applicazione della «lieve entità», offrendo così un finale diverso rispetto all’ergastolo. Finale che oggi è stato scritto. Per Cospito e per l’ex compagna dell’anarchico, Anna Beniamino.
La sua figura è rimasta sempre sullo sfondo di questa vicenda: condannata a 17 anni, rischiava una pena di 27. Per lei, i giudici hanno ricalcolato 17 anni e 9 mesi. «Siamo assolutamente soddisfatti — commenta l’avvocato Flavio Rossi Albertini, che assiste l’anarchico —. Ma avevamo timore che potesse andare molto, molto peggio». E ancora: «È senz’altro un buon risultato. Un giudizio equilibrato rispetto alla decisione avversa della Corte di Cassazione, che aveva deciso di riqualificare in strage politica. Quindi, possiamo definirlo un risultato sicuramente apprezzabile».
Parla di ritorno alla «ragionevolezza» l’avvocato Gianluca Vitale (che difende Beniamino): «Non riconoscere la lieve entità sarebbe stato abnorme, soprattutto dopo la pronuncia della Corte Costituzionale. La pena resta comunque particolarmente significativa, ma siamo soddisfatti». Adesso che il capitolo ergastolo appare chiuso, resta aperto il fronte del 41 bis per Cospito. I lunghi mesi di sciopero della fame e gli appelli non hanno scalfito l’orientamento del ministero della Giustizia, che gli ha applicato la misura speciale il 4 maggio 2022 su richiesta della Procura di Torino. «Escludo una revoca del ministro o interventi della Procura di Torino e della Dda — sottolinea Rossi Albertini —. Ho presentato due istanze al Tribunale di sorveglianza di Roma, che si esprimerà in autunno».
– articolo in aggiornamento
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torino.corriere.it
2023-06-26 21:29:58 ,