Un’ironia piuttosto graffiante sull’imperscrutabilità delle decisioni di Papa Francesco – nonché sulle sue opinioni calcistiche – ma anche una frecciata non troppo velata sul fatto che il suo incarico comporti più responsabilità di quelle dei “colleghi” di altre diocesi. E persino una rispolverata all’eterna rivalità tra Milano e Roma: non si è fatto mancare nulla l’arcivescovo di Milano Mario Delpini nell’intervento tenuto ieri dal pulpito del Duomo di Como durante la messa per il patrono cittadino Sant’Abbondio, la prima celebrata dal neo cardinale Oscar Cantoni, vescovo della Diocesi comasca dal 2016.
Proprio sulla recente nomina decisa da papa Bergoglio si è soffermato Delpini – come si vede nel video di Espansione Tv -, che non ha invece mai ottenuto la porpora: “Mi faccio voce della Conferenza episcopale lombarda e di tutte le nostre chiese. Ci sono state delle persone un po’ sfacciate che si sono domandate perché il papa non abbia scelto il metropolita (Delpini, ndr) per fare il cardinale e abbia scelto invece il vescovo di Como – ha esordito – Ora, io credo che ci siano delle buone ragioni per questo. Naturalmente interpretare il pensiero del Santo Padre è sempre un po’ difficile”. Ed ecco la prima uscita ironica: “Forse vi ricordate quell’espressione altissima di una sapienza antica che diceva che tre sono le cose che neanche il Padreterno sa: una è quante siano le congregazioni delle suore, l’altra è quanti soldi abbia non so quale comunità di religiosi e la terza è che cosa pensino i Gesuiti”.
Appurato questo – pur garantendo che “in questa scelta mi pare si riveli chiaramente la sapienza del Santo Padre” – l’arcivescovo milanese ha proseguito a briglia sciolta, illustrando quelle che secondo lui sarebbero le motivazioni di una nomina che i vertici della Curia milanese sembrano aver accolto con una certa sorpresa, nonostante Bergoglio abbia da sempre un preciso occhio di riguardo alle “diocesi minori” quando si tratta di concedere la porpora cardinalizia. “Perché ha scelto il vescovo di Como per essere un suo particolare consigliere? – ha proseguito dal pulpito, rivolgendosi a Cantoni – Io ho trovato almeno tre ragioni. La prima è che il papa deve aver pensato che l’arcivescovo di Milano ha già tanto da fare, è sovraccarico di lavoro, e quindi ha detto: bisogna che lavori un po’ anche il vescovo di Como e quindi ha pensato di dare un po’ di lavoro anche a te”.
Ecco poi la mai risolta diatriba tra capitale reale e capitale morale del Paese: “La seconda ragione è che probabilmente il Papa ha pensato: quei ‘bauscia’ di Milano non sanno neanche dov’è Roma, quindi è meglio che non li coinvolga troppo nel governo della Chiesa universale”. Per finire con una spruzzata di sfottò calcistico – che in Italia non guasta mai, nemmeno quando si affrontano gli argomenti apparentemente più seri – facendo notare che “se mi ricordo bene, il papa è tifoso del River, che non ha mai vinto niente, e forse ha pensato che quelli di Como potrebbero essere un po’ in sintonia, perché si sa che lo scudetto è a Milano”. E poco importa che in realtà Papa Francesco sia un tifoso della squadra del San Lorenzo, il concetto è passato forte e chiaro, creando un certo scompiglio tra i fedeli presenti in chiesa e poi sui social network, dove qualcuno ha definito l’uscita di Delpini “una sceneggiata rancorosa, invidiosa e acida”.
D’altronde a Milano è risaputo che l’arcivescovo ama molto l’umorismo: non a caso lo scorso dicembre ha inserito una barzelletta nel discorso di Sant’Ambrogio alla città, cosa che nessuno dei suoi predecessori aveva mai fatto. E chi lo conosce bene ricorda il rapporto di grande stima e affetto che lo lega a Oscar Cantoni: forse proprio in virtù della loro amicizia di lunga data, Delpini si è preso qualche libertà in più.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-09-01 18:31:34 ,milano.repubblica.it