La fotografia più nitida della situazione forse è quella scattata dall’ufficio stampa Rai nel bel mezzo della trattativa per accogliere sul palco di Sanremo una delegazione degli agricoltori in rivolta: «Abbiamo ricevuto 122 mail di persone che si accreditano a parlare. Non c’è un portavoce, non sappiamo a chi fare riferimento». Da spontanea a frammentata e disarticolata il passo è breve e la protesta in Italia – a differenza che altrove – l’ha compiuto in pochi giorni polverizzando se stessa e forse anche le promesse di ottenere qualcosa. In mezza Europa i trattori marciano a migliaia, compatti e organizzati. Parlano con una voce sola e robusta. Hanno interlocutori riconoscibili. E riescono a farsi ascoltare, incassano qualche punto a favore.
Qui no. Tutti a dire che le rivendicazioni sono le stesse, ma poi è un fiorire di sigle, associazioni, comitati, leader autoproclamati, portavoce improvvisati. Tanto è vero che ieri Giorgia Meloni prima ha incontrato le (detestatissime) associazioni di categoria e poi una delegazione di Riscatto agricolo, una delle sigle della protesta che fa capo a Salvatore Fais, allevatore di Piombino e ideatore della fantomatica “marcia su Roma” partita dalla Valdichiana.
Ecco, per dire del clima, mentre Fais e soci raggiungevano i palazzi del potere, Danilo Calvani – che di sé dice di aver dato il via alla mobilitazione – se ne stava a qualche chilometro dalla capitale, annunciava l’arrivo di trattori da tutta Italia e lasciava intendere per l’inizio della prossima settimana un’invasione pacifica di Roma. Ma soprattutto riservava parole al veleno alla premier e al suo governo: «Non ci rispondono. Sembra vogliano parlare solo con gli iscritti ai loro partiti o le organizzazioni di categoria. Quando saranno arrivati tutti prenderemo una decisione importante». Un fiume in piena: «Loro fanno campagna elettorale, noi pensiamo a salvare le nostre campagne. Vedo meschini tentativi di dividerci: all’incontro con il ministro Lollobrigida volevano far parlare qualcuno dei loro (di FdI, ndr), gente mai vista, a nome di tutti. Stessa cosa a Pescara da Meloni: tra gli agricoltori c’erano dei candidati dei partiti di governo. Sono falsi e meschini».
Fais rovescia la narrazione: «Noi non abbiamo percorsi politici alle spalle, non ci siamo candidati in passato (Calvani è stato vicino alla Lega, ndr). Lui fa attacchi politici, noi stiamo al fianco del governo e gli chiediamo di essere al nostro fianco e portare in Europa le nostre battaglie». Calvani insiste: «Riscatto agricolo è composto da iscritti a FdI». Nella diatriba si è inserito Mariano Ferro, area “forconi”, in rappresentanza del movimento degli agricoltori siciliani: «Autoproclamarsi leader è sbagliato, questa protesta non ha bisogno di capi». Invece qui ce n’è un’infinità. Qualche giorno fa Giuliano Castellino, ex esponente di Forza Nuova e inventore di “Ancora Italia”, si è immortalato a bordo di un trattore rosso: «La Roma del dissenso è pronta ad accogliere i nostri fratelli agricoltori». E poi ci sono i “lombardi” , quelli che volevano salire sul palco del Festival. Gruppo non particolarmente numeroso ma con tre aspiranti portavoce: un’allevatrice bergamasca, Alessandra Oldoni, una coltivatrice lodigiana, Giulia Goglio, e un altro allevatore, Davide “Peppolo” Pedrotti, bresciano.
Quando ciascuno di loro spiega le ragioni della protesta si capisce che le parole d’ordine sono pressoché identiche. Anche il rifiuto di farsi rappresentare dalle organizzazioni tradizionali del mondo agricolo è condiviso. Sentite Calvani: «Cara premier, te l’avevo detto: abbracciare Coldiretti porta male. Perderai questa battaglia». Il miraggio di ogni sigla è la spallata a furor di popolo, l’idea di piegare il governo a suon di manifestazioni con l’appoggio della “gente”. Ma quel che è accaduto nel resto d’Europa dimostra il contrario: testimonia – anche se non sempre – la rivincita dei corpi intermedi, della rappresentanza. In Olanda il Boer Burger Beweging (Movimento civico dei contadini) è diventato addirittura un partito che alle ultime elezioni ha eletto 15 senatori. In Francia, almeno all’inizio, la protesta è stata incanalata dai due principali sindacati agricoli, Fnsea e Jeunes Agriculteurs, entrambi decisi ad aumentare la propria forza negoziale nei confronti del governo. Poi la mobilitazione è sfuggita di mano alle organizzazioni tradizionali. Ma sono state loro a invocarla e qualche risultato è stato ottenuto, in Francia come in Germania.
In Italia, per ora, siamo al nulla di fatto. E i trattori in rivolta si sono frantumati prima ancora di aver ottenuto mezza concessione.
Source link
di
www.lastampa.it
2024-02-10 02:00:00 ,