Dicono che quand’era bambino sfuggì a un tentativo di sequestro. Volevano rapirlo ma lui riuscì a seminare i banditi e fuggire in tempo. Proprio come ha fatto da grande: ricercato ovunque da poliziotti e magistrati, gli hanno dato la caccia per decenni, fino a quando non l’hanno scoperto in una lussuosissima villa di Dubai dove, la sera dello scorso 4 agosto, è stato finalmente catturato. Una vita in fuga quella di Raffaele Imperiale, 47 anni, il narcotrafficante più ricco d’Europa che, secondo gli investigatori, è riuscito ad anestetizzare la concorrenza nel traffico di droga arrivando al punto di gestire un terzo dei carichi di cocaina messi attualmente sul mercato del Vecchio Continente. Partito da un deposito di bibite nella periferia di Castellammare di Stabia, Lelluccio “Ferrarelle” di Ponte Persica è diventato rapidamente uno dei narcos più potenti del mondo tanto da finire in cima alle liste dei latitanti più pericolosi in compagnia, ad esempio, di Matteo Messina Denaro, il capomafia latitante dalle stragi ’92-’93. Un broker della droga con la passione per il calcio e soprattutto l’arte, tanto che nello scantinato della sua villa di Castellammare di Stabia fece ritrovare – era il 2016 – due dipinti di Van Gogh rubati ad Amsterdam vent’anni fa. L’ascesa criminale di Imperiale inizia nel lontano 1996 quando Lelluccio ‘o parente decide di cambiare aria. A poco più di vent’anni aveva deciso di tentare la strada del commercio, cercando di vendere bibite all’ingrosso. Ma è un lavoro che non rende troppo. E allora decide di andarsene, per sempre, lascia quella Castellammare di Stabia dove suo padre, Ludovico Imperiale, è il re del cemento a cui è intitolato un intero quartiere della vicina Gragnano dopo essere anche stato presidente della Juve Stabia, quando in società c’era Renato Battifredo, colonnello del clan D’Alessandro. Lascia Ponte Persica e vola in Olanda, destinazione Amsterdam. Qui Imperiale inizia a gestire un coffee-shop, il Rockland, che gli viene lasciato in eredità dal fratello, deceduto pochi mesi prima. Lello di Ponte Persica è un tipo furbo, capisce come funzionano certi meccanismi, ama le lingue straniere (ne parla fluentemente cinque) e stringe legami con alcuni broker della droga della mala africana che frequentano il suo locale. Inizia così la carriera criminale di Imperiale: i primi affari, i primi carichi, i primi guadagni. Siamo quasi all’alba del Duemila e il narcotrafficante diventa, secondo gli inquirenti, l’intermediario tra la camorra e alcuni mafiosi marocchini che fanno la voce grossa nel business droga. Lelluccio incrocia il suo cammino con quello di Elio Amato e Antonio Orefice, arrivando a curare i rapporti e le forniture di stupefacenti per Secondogliano e tutte le piazze di spaccio controllate dal clan Di Lauro. La ricchezza di Imperiale aumenta così come cresce il suo appeal nei confronti di cosche e organizzazioni criminali internazionali che vogliono dominare le rotte della droga, specie tra i Paesi Bassi e l’Italia. Non a caso, sostiene l’Antimafia, viene a galla un rapporto col clan Amato di Scampia senza dimenticare diverse operazioni immobiliari in Campania, nel Lazio, e in Costa del Sol, in Spagna. Ci sono almeno tre società con un giro d’affari di circa 90 milioni di euro all’anno. Ma è negli Emirati Arabi che c’è il vero centro d’interesse economico mondiale dell’ultimo decennio di Imperiale che – secondo i rapporti della Dea – entra a far parte di un cartello di narcotrafficanti assieme a boss irlandesi, serbi, cileni e marocchini. Una holding che, stando a quanto emerso da un recente processo negli Stati Uniti, risulta in grado di corrompere ufficiali delle navi mercantili pagando fino a un milione di euro a testa, per convincerli a trasportare – dal Sudamerica fino in Europa – carichi di cocaina del valore di 1,5 miliardi di dollari.
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di Salvatore Dare
www.metropolisweb.it
2022-03-28 05:00:48 ,