Il governatore ligure: «La sinistra non può essere garantista o meno a seconda di chi si parla»
«Giorgia Meloni fuori dall’arco democratico e repubblicano? Credo che a Peppe Provenzano, da vicesegretario del Pd, in piena trance elettorale sia scappato il piede dalla frizione…». Giovanni Toti, governatore della Liguria e coinventore di Coraggio Italia, non alza i toni e a tutti chiede, in un «momento tanto delicato — mentre sta entrando in vigore il green pass per i lavoratori, si è alla vigilia di un ballottaggio e si percepisce una tensione reale» — di usare «equilibrio e moderazione». Ma le parole contro la leader di FdI, sorride, sembrano «quasi una provocazione».
Spieghi il perché
.
«Credo sia evidente: una cosa è chiedere che nessuno su certi temi mostri ambiguità, che sappia vigilare, ed eventualmente punire chi nel proprio partito si macchia di comportamenti del tutto inopportuni o addirittura reati. Altra è pensare che un partito già dai tempi di An pienamente dentro le istituzioni e le dinamiche democratiche, possa essere “fascista” o addirittura eversivo. Noi ci siamo nelle regioni governate dal centrodestra, e mai abbiamo avuto questa paura».
Ma Meloni avrebbe potuto fare di più?
«Non ho approfondito la dinamica degli ultimi fatti, dall’assalto alla sede della Cgil a quelli testimoniati dall’inchiesta di Fanpage
. Però anche la sinistra non può essere garantista o meno a seconda di chi si parla. Perché il punto di questo vicenda deve essere chiaro».
Quale è?
«È assolutamente grave quello che è successo nella sede della Cgil, la violenza va condannata e se ha una matrice fascista è più grave, non è tutto uguale perché la nostra Costituzione si fonda sul ripudio del fascismo. Ma il tema deve essere affrontato prima di tutto nei tribunali. È la magistratura che deve individuare i reati ed eventualmente valutare se c’è alla loro base un tentativo di eversione tale da portare a uno scioglimento di una o più associazioni. La magistratura, non il Parlamento, o viene meno il principio su cui la democrazia si basa: la divisione dei poteri».
Ma una mozione e una manifestazione non sono un modo per testimoniare un no democratico al fascismo?
«Credo che in questa fase della vita del Paese soffiare sul fuoco delle divisioni non sia saggio. Ben venga una mozione di tutti di condanna alla violenza di qualsiasi tipo, ma al Pd e alla Cgil chiediamo di valutare se sia il caso di tenere una manifestazione a Roma proprio il giorno prima del voto, impegnando le forze dell’ordine, in un clima già molto teso. Si possono tenere presìdi, dare solidarietà, anche in altri modi. Antifascismo significa anche equilibrio. Non serve a nessuno apparire strumentali nella propria azione».
Questo perché potrebbe avere un effetto sul voto?
«Non so se un effetto ci sarà, ma se ci fosse sarebbe un problema per tutti. Per chi vincerà e per chi perderà, perché un voto che si può immaginare condizionato da strumentalizzazioni dell’una o dell’altra parte, non giova al Paese. Lo danneggia».
11 ottobre 2021 (modifica il 11 ottobre 2021 | 23:55)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paola Di Caro , 2021-10-11 19:37:25
www.corriere.it