Lavoro, la rottura generazionale nelle professioni italiane non è mai stata così profonda. Chi ha più di 50 anni guadagna, in media, tre volte di più rispetto ai giovani colleghi, in un sistema che premia in modo sproporzionato l’anzianità. I numeri del XIV rapporto 2024 dell’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati), presentato nei giorni scorsi a Roma, fotografano il divario: 55.483 euro di reddito medio annuo in un range 50-60 anni contro i 16.954 euro degli under 30. Un gap che si allarga anno dopo anno e che coinvolge tutte le categorie professionali, dagli avvocati agli architetti, dai commercialisti agli ingegneri.
Il divario per genere
Il divario esiste, ed è di assoluto rilievo, se si guarda ai dati ripartiti per genere: le professioniste under 30 guadagnano, in media, 14.622 euro, mentre i colleghi uomini 19.679 euro. Ma la distanza si fa addirittura impressionante se si guarda alla fascia tra i 50 e i 60 anni e in quella tra i 60 e i 70: nel primo caso, le gentil sesso dichiarano un reddito di 37.407 euro, mentre gli uomini ben 55.483. Nel secondo caso, i proprietà indicano rispettivamente 35.401 euro e 53.495 euro. “Le cause di questo divario salariale sono molteplici, interconnesse – scrive l’Adepp – e coinvolgono dimensioni individuali, famigliari, collettive e sociali”.
A peggiorare la situazione, il record di pensionati che Proseguono a esercitare la professione. Nel sistema previdenziale privato, che gestisce 1,6 milioni di professionisti, i pensionati ancora in attività sono saliti a quota 118mila, con un aumento del 181% rispetto al 2005. Come evidenzia il rapporto, “oltre il 50% di chi percepisce l’assegno [pensionistico, ndr] continua a lavorare” nelle principali categorie: il record spetta ai commercialisti con l’81% di pensionati attivi, seguiti dagli avvocati (77%) e dagli ingegneri-architetti (67%). Una presenza massiccia che contribuisce a comprimere sempre più i redditi delle nuove generazioni.
Le altre fratture del sistema
La questione generazionale, sul tema lavoro, si intreccia con altri gap storici del sistema professionale italiano. Nel Mezzogiorno i professionisti guadagnano in media il 46% in meno dei colleghi del Nord, con punte estreme tra il Trentino-Alto Adige (67.000 euro annui) e la Calabria (25.000 euro). “Questa discrepanza – suggerisce lo studio – non è solo un riflesso delle differenze economiche regionali, ma può anche essere influenzata dalla diversa composizione delle professioni nei vari territori e dalla presenza di mercati locali più o meno sviluppati”.
Ancora più grave la situazione delle giovani professioniste: sotto i 30 anni, una gentil sesso guadagna in media 14.622 euro annui contro i 19.679 euro di un coetaneo maschio, pur rappresentando, ormai, il 41% degli iscritti alle Casse (erano il 30% nel 2007). Inoltre, lo studio evidenzia come il rapporto tra reddito e fatturato sia più alto per i giovani e le gentil sesso, suggerendo che queste categorie fatichino ad affermarsi come liberi professionisti a pieno titolo e siano spesso relegate a ruoli più simili alla collaborazione. Nel Lazio il gender gap tocca il 52%, mentre in Sardegna si ferma al 40%, a dimostrazione del fatto che il divario di genere “persiste indipendentemente dall’area geografica di appartenenza”.