Nelle ultime settimane diverse aziende energetiche europee hanno detto che pagheranno o che hanno intenzione di pagare il gas russo alle condizioni imposte dalla Russia, cioè aprendo due conti, uno in euro e uno in rubli.
Sono decisioni che si sono rese necessarie a causa della “zona grigia” che si era creata dopo che a fine marzo il presidente russo Vladimir Putin aveva firmato un decreto che obbligava la banca russa Gazprombank a convertire in rubli la totalità dei pagamenti ricevuti per il gas dai paesi “ostili”, cioè tutti i paesi occidentali. Tra le aziende che hanno detto di voler accettare le condizioni russe c’è l’italiana Eni, che il 17 maggio ha detto di aver avviato le procedure per aprire due conti separati presso Gazprombank. Altre aziende europee hanno invece già inviato i primi pagamenti.
Questo nuovo sistema di pagamento permetterebbe ai paesi europei di continuare a versare euro o dollari a Gazprombank e a ricevere gas in cambio, ma solo aprendo un secondo conto presso la banca, in cui l’istituto trasferirebbe il denaro convertendolo in rubli, per poi passarlo sul proprio conto: in questo modo i paesi occidentali potrebbero continuare a pagare il gas russo in euro o dollari e allo stesso tempo la Russia continuerebbe a ricevere l’equivalente in rubli, aggirando le sanzioni.
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La Commissione Europea finora non ha fornito un parere ufficiale e inequivocabile sul doppio conto, che secondo alcuni analisti potrebbe comportare una violazione dei contratti. Molte aziende energetiche si sono mosse quindi in autonomia, senza attendere maggior chiarimenti dall’Europa, in modo da non rischiare che nei prossimi mesi si ritrovino senza forniture di gas da Gazprom, l’azienda energetica di stato russa.
Finora la Russia ha deciso di interrompere la fornitura di gas naturale solo nei confronti di tre paesi, che si erano rifiutati di pagare il combustibile alle proprie condizioni. A fine aprile era toccato a Bulgaria e Polonia, i primi paesi a opporsi nettamente alle modalità di pagamento richieste dalla Russia, e dal 21 maggio si è aggiunta la Finlandia.
Alcune aziende, statali e non, hanno invece già detto che hanno accettato le condizioni russe o che hanno intenzione di farlo. Tra quelle che hanno una partecipazione statale ci sono l’ungherese MVM, la slovena Geoplin, la slovacca SPP e la ceca ČEZ, che hanno già aperto un doppio conto in Russia e inviato i primi pagamenti. Altre aziende parzialmente statali hanno detto che per ora si sono limitate ad avviare le pratiche per aprire due conti presso Gazprombank: tra queste ci sono l’austriaca OMV e la francese Engie.
Tra le aziende private che negli scorsi giorni hanno detto di voler accettare le richieste russe e che apriranno due conti ci sono l’Eni, e le tedesche VNG, RWE e Uniper. Secondo queste aziende l’apertura di due conti non comporterebbe né una violazione dei contratti né una violazione delle sanzioni imposte dall’Unione Europea alla Russia.
Ci sono poi paesi che non hanno ancora deciso cosa fare con le proprie aziende energetiche statali, come i Paesi Bassi: GasTerra, azienda parzialmente di proprietà dello stato, ha detto a Politico che la situazione attuale è «molto frustrante» mentre il governo olandese per ora si è limitato a dire che non punirà le aziende che accetteranno le condizioni russe, almeno finché la Commission Europea non dirà chiaramente che è illegale aprire un conto in rubli.
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2022-05-28 06:15:06 ,