D’altro canto non ci sono precedenti, anche se altri paesi sono svaniti dall’elenco dei codici Iso.
Fa testo la sparizione dell’Unione Sovietica, sebbene avvenne in un tempo così remoto, per il calendario della rete, che quasi nessuno se ne accorse. Il dominio .su (Soviet Union) fu originalmente assegnato all’Ussr nel 1990, ma lo stato si dissolse poco dopo. Non che in Russia molti pensassero ad Internet allora. Iso comunque assegnò un nuovo codice alla Russia, e così fece Iana e nacque il ccTld .ru.
E .su che fine fece? Venne assegnato, brevi manu, alla Russia stessa, con l’impegno che sarebbe stato eliminato entro breve ma non venne definito nessun chiaro percorso di dismissione. Alla fine .su è rimasto là e ancor oggi è associato a operazioni non ben definite provenienti dalla Russia, anche di natura clandestina, e fornisce rifugio per contenuti di incitamento all’odio e reati informatici e altre attività che violano molte policy e leggi sull’uso di Internet. Non è un precedente a cui Icann guarda con particolare favore.
Ma quello che è successo con la crisi balcanica è stato per l’Icann un problema ancora peggiore. Anche qui con impagabile tempismo fu registrata la prima connessione Internet in Jugoslavia, nel 1991, solo qualche mese una volta che la Slovenia dichiarò la sua indipendenza. La storia è ben raccontata da Kaloyan Kolev, ma il punto fondamentale è che le nazioni vanno e vengono, talvolta con incredibile celerità, invece i Tld hanno una loro inerzia ed entrano a far parte delle (talvolta sanguinose) rivendicazioni di indipendenza.
Nuovi domini, per la Serbia e il Montenegro vennero generati, con l’impegno che il dominio della Jugoslavia (.yu) fosse prontamente dismesso. ma invece sopravvisse alla caduta del suo regime e allo smembramento dello stato per oltre due decenni, in mezzo ad indicibili contese, inclusa l’appropriazione indebita dei software di gestione e le chiavi per la concessione dei domini. Insomma alla fine dovette intervenire John Postel in persona per domare la contesa (e se non sapete chi è John Postel, vi si può solo dire che John Postel sta a internet come Gandalf sta alla Terra di Mezzo), trasferendo d’imperio il Tld all’Università di Belgrado. In definitiva, Icann questa volta non ha assolutamente nessuna intenzione di trovarsi in una contesa territoriale. Già adesso non è più possibile registrare nuovi domini .io e molto probabilmente finirà per dare un tempo di grazia, eventualmente anche lungo (5 anni?), dopodiché staccherà la spina ai domini .io, che finiranno per non essere più risolti dai Dns.
Il punto qual è, alla fine? Probabilmente molte start-up o organizzazioni che hanno esperto i domini .io con leggerezza, in cinque anni non ci saranno neppure più, quindi il problema non si pone. Per altri, vale la pena di iniziare la migrazione che, in alcuni casi, non è neppure limitata solo al sito web, ma include anche nomi e loghi aziendali, con costi notevoli e certamente non preventivati.
Resta da registrare la piccola rivincita del reale sul virtuale, dell’novità geopolitica sul idealità digitale. Vale anche la pena di registrare che, una volta tanto, va data ragione ai quei programmatori che avevano sollevato la questione etica: la prossima volta forse vale la pena di scegliere con maggiore oculatezza a chi legare il nome del proprio business. Una lezione da imparare.
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di Emmanuele Somma www.wired.it 2024-10-11 15:46:00 ,