di Marta Musso
A parità di energia generata, le centrali nucleari piccole e modulari produrrebbero una maggior quantità e complessità di scorie radioattive rispetto a quelle tradizionali. Il motivo è nella loro scarsa efficienza. A raccontarlo sulla pagine di Pnas è uno studio dei ricercatori della Stanford University e della University of British Columbia, che hanno analizzato i cosiddetti Small modular reactors (Smr), piccoli reattori modulari definiti di “quarta generazione” e proposti dai loro sviluppatori come un modo più economico e veloce per produrre energia nucleare.
Come vi avevamo raccontato, si tratta di reattori di dimensione piccola, capaci di generare una potenza che va da 5 a 300 megawatt circa, e i cui tempi e costi di realizzazione sono molto più veloci. A discapito della dicitura “quarta generazione”, che dovrebbe intendere un miglioramento in termini di efficienza e sicurezza, e pubblicizzati come il futuro dell’energia nucleare, ad oggi tuttavia ci sono state pochissime ricerche indipendenti che abbiano messo a confronto le scorie radioattive, ossia i residui della fissione nucleare, prodotte dagli Smr con quelle dei reattori tradizionali su larga scala.
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno così valutato tre diverse tecnologie di Smr, non ancora in funzione e progettate da Toshiba, NuScale Power e Terrestrial Energy, passando in rassegna i dati condivisi pubblicamente con le autorità statunitensi dalle aziende. Confrontandoli poi quelli di un reattore nucleare convenzionale, i ricercatori hanno scoperto che le mini centrali nucleari potrebbero aumentare il volume dei rifiuti a breve durata di decadimento fino a 35 volte rispetto a un reattore convenzionale, per quelli a lungo tempo fino a 30 volte di più, e infine per il combustibile nucleare esaurito fino a 5 volte di più. “Gli Smr hanno ottenuto risultati peggiori su quasi tutti i nostri parametri (come il calore di decadimento radioattivo e la radiochimica del combustibile esausto, ndr) rispetto ai reattori standard”, afferma l’autrice Lindsay Krall. “I nostri risultati mostrano che la maggior parte dei progetti di Smr aumenterà effettivamente il volume delle scorie nucleari che necessitano di gestione e smaltimento. Questo è in netto contrasto con i vantaggi di riduzione dei costi e dei rifiuti che i sostenitori hanno affermato per le loro tecnologie”.
Ma perché gli Smr producono volumi più elevati e una maggiore complessità di rifiuti? Perché, spiegano i ricercatori, sono naturalmente meno efficienti. La produzione di energia nucleare, infatti, comporta una reazione a catena, in cui una singola reazione nel nocciolo del reattore genera neutroni che innescano una o più reazioni nucleari successive. Tuttavia, secondo il team di ricerca, gli Smr perdono più neutroni dal loro nucleo (in un processo che viene chiamato dispersione di neutroni) rispetto a un reattore più grande, il che significa che non possono mantenere la reazione autosufficiente a lungo. Anche una piccola differenza nella perdita di neutroni, quindi, si traduce in un impatto sostanziale sulla composizione dei rifiuti. “Non dovremmo essere noi a fare questo tipo di studio”, ha commentato il co-autore Rodney Ewing. “I fornitori, coloro che stanno proponendo e ricevendo finanziamenti per lo sviluppo di questi reattori avanzati, dovrebbero essere preoccupati per i rifiuti e condurre ricerche che possano essere esaminate in letteratura”.
E la risposta delle aziende a questi risultati non tarda ad arrivare: come riportato dal New Scientist, la portavoce di NuScale Power Diane Hughes ha dichiarato che lo studio si basa su informazioni obsolete. “Non siamo d’accordo con la conclusione che il progetto di NuScale crei più combustibile esaurito utilizzato per unità di energia rispetto ai reattori attualmente in funzione”, ha affermato. Anche l’azienda Rolls-Royce Smr, finanziata dal Regno Unito per sviluppare la propria versione della tecnologia (che non è stata presa in esame nello studio) ha affermato che presenterà le stime sui volumi di rifiuti nel processo di approvazione normativa nucleare del Regno Unito. Il progetto, ha dichiarato il portavoce dell’azienda, “include alcune innovazioni tecniche che riducono la produzione di rifiuti”.
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www.wired.it
2022-05-31 10:30:00