Dai diamanti non nasce niente, dalle miniere nasce l’energia. Un gruppo internazionale di ricercatori dello International Institute for Applied System Analysis (IIASA) ha appena messo a punto una nuova tecnica per trasformare le centinaia di migliaia di miniere sotterranee abbandonate sparse su tutto il pianeta in enormi “batterie” in cui immagazzinare energia da usare alla bisogna, per esempio quando i prezzi dell’elettricità superano una certa soglia, supportando così – dicono gli autori del lavoro – “la transizione verso l’energia sostenibile”. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Energies.
La tecnica si chiama Underground Gravity Energy Storage (Uges) e, come suggerisce il nome, si basa sulla forza di gravità. L’idea alla base è quella di sfruttare il principio di conservazione dell’energia, e in particolare la possibilità di convertire l’energia potenziale gravitazionale (quella relativa all’azione della forza peso, dipendente dall’altezza a cui si trova una certa massa: più un corpo si trova in alto, maggiore è la quantità di energia potenziale gravitazionale che possiede) in energia elettrica tramite la cosiddetta “frenata rigenerativa”, lo stesso processo con cui nelle auto elettriche, per esempio, si recupera l’energia del rallentamento del veicolo, che altrimenti andrebbe perduta.
Sostanzialmente, quindi, l’idea è di lasciar cadere un corpo (nel caso dello studio appena pubblicato, una grande quantità di sabbia) da una certa altezza e trasformare in elettricità l’energia della caduta; poi aspettare che si abbassi il prezzo dell’energia elettrica e usare dei motori (sempre elettrici) per riportare in alto il peso e ricominciare così il ciclo.
Il concetto di sfruttare la forza gravitazionale per accumulare energia elettrica non è nuovo – effettivamente tutte le centrali idroelettriche, quelle che sfruttano la forza peso dell’acqua che fluisce da monte a valle, funzionano esattamente con lo stesso principio. La novità, in questo caso, sta nell’utilizzo di masse solide. Ci sta lavorando da qualche anno, per esempio, anche la startup scozzese Gravitricity, che nell’aprile scorso ha testato con successo il primo prototipo di batteria a gravità calando un oggetto di metallo dal peso di 50 tonnellate da una torre alta 15 metri, e producendo così circa 250 kW di potenza.
Ma si può fare di meglio: i ricercatori di Gravitricity, così come quelli di IIASA, si sono resi conto che piuttosto che costruire torri ad hoc si può sfruttare la morfologia naturale del terreno, o le differenze di altezza di strutture artificiali come grattacieli o miniere, per l’appunto. Chiaramente, più è ampia e profonda la miniera (o più è alto il grattacielo), maggiore sarà la massa che si può “precipitare”, e dunque maggiore la quantità di energia di accumulo dell’impianto.
“Quando una miniera chiude, migliaia di lavoratori vengono rimandati a abitazione – ha spiegato Julian Hunt, ricercatore del programma Energia, Clima e Ambiente di Iaasa e primo autore dello studio – questo devasta le comunità la cui economia dipende solo dalla miniera. La nostra tecnica creerebbe nuovi posti di lavoro, perché la miniera continuerebbe a essere operativa, anche se con altri scopi – in questo caso lo stoccaggio di energia. L’aspetto interessante è che le miniere dispongono già dell’infrastruttura di base e sono già collegate alla rete elettrica, il che riduce significativamente i costi e facilita l’implementazione degli impianti di tipo Uges”.
Non solo: mentre le batterie “tradizionali” sono soggette al fenomeno di auto-scarica (cioè nel lungo termine tendono a perdere energia anche se non vengono utilizzate) e alla diminuzione dell’efficienza, quelle gravitazionali ne soffrono molto meno. Tenuto conto di tutti questi fattori, gli scienziati hanno stimato che il potenziale globale di questa tecnologia avrebbe un ordine di grandezza di decine di terawattora, la maggior parte delle quali potrebbero essere prodotte e accumulate in Cina, India, Russia e Stati Uniti.
“Per decarbonizzare l’economia, dobbiamo ripensare al nostro sistema energetico e fare affidamento su soluzioni innovative che facciano uso delle risorse già esistenti”, conclude Benham Zakeri, un altro degli autori dello studio. “La trasformazione delle miniere abbandonate in depositi di energia è un esempio di soluzioni di questo tipo”.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2023-01-19 06:25:08 ,
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Il post dal titolo: Le miniere abbandonate possono diventare batterie ricaricabili scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2023-01-19 06:25:08 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue