Dal 1° gennaio 2025 verrà istruito in Italia il codice Ateco 73.11.03, dedicato all’attività di influencer marketing, ultimo tassello di una serie di iniziative che nell’ultimo anno hanno messo nero su bianco regole più stringenti per un settore ormai maturo. Eppure, restano ancora criticità e dubbi.
Il nuovo codice Ateco
Dopo anni di incertezze, dal gennaio 2025 gli influencer e i content creator che svolgono tali
professioni in maniera continuativa e hanno dunque aperto una partita IVA, potranno finalmente inquadrare la propria professione in modo più corretto, utilizzando un codice Ateco predisposto da Istat ed Eurostat, con la collaborazione dell’Associazione Italiana Content & Digital Creators e del incarico delle Imprese e del Made in Italy, appositamente per tali professioni.
Fino a oggi, infatti, gli influencer operavano senza un inquadramento normativo chiaro, utilizzando i codici Ateco che più si avvicinavano all’attività svolta, tra cui per esempio il 73.11.01 (ideazione di campagne pubblicitarie) o il 73.11.02 (conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari).
Questi codici per lungo tempo hanno consentito di “tradurre” in burocratese, sebbene in maniera imprecisa, il fatto che si era creata una nuova categoria professionale e che quello dell’influencer non era più solo un “lavoretto” o un “passatempo”, ma una professione vera e propria che generava introiti importanti, che dovevano essere adeguatamente registrati e catalogati. Restavano, tuttavia, codici pensati per altro, che non riflettevano appieno la natura specifica del lavoro di influencer (oggi sarebbe più preciso dire creator), generando confusione sia per i professionisti del settore sia per le aziende loro partner.
La qualificazione del rapporto con gli influencer
La mera adozione di un codice Ateco specifico non consente però di superare i tanti dubbi emersi intorno alla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dell’influencer. Se è vero che di norma l’influencer è un libero professionista iscritto all’INPS, la cui attività in genere ricade nella cosiddetta “prestazione d’opera”, in una recente sentenza il Tribunale di Roma (sentenza n. 2615/2024 del 4 marzo 2024) ha stabilito che, a certe condizioni, l’influencer può essere un agente di commercio.
Ciò, soprattutto quando l’influencer collabora in maniera stabile e continuativa con una determinata società, per esempio sottoscrivendo un contratto a tempo indeterminato, la cui durata può essere provata dalla presenza di estratti conto contabili delle provvigioni e dalla sistematica emissione di fatture. Per la società partner, quindi, diventa fondamentale soppesare costi e benefici di una strategia di marketing in cui il proprio influencer “di punta” potrebbe qualificarsi come agente, tenuto anche conto dell’obbligo per la società che lo ingaggia di versare i contributi previdenziali alla Fondazione Enasarco, ossia l’ente di previdenza di agenti e rappresentanti di commercio.
Le conseguenze per i consumatori
L’ultimo anno ha rappresentato un netto cambio di rotta nella percezione dell’influencer marketing da parte delle istituzioni e del pubblico, per una serie di ragioni concatenatisi tra loro. Da un lato, quella nazional-popolare: lo scandalo del Pandoro-gate di Chiara Ferragni ha per la prima volta puntato i fari dell’attenzione pubblica su un settore rispetto al quale mai come nell’ultimo anno si è percepita la necessità di porre regole più rigide e chiare.
Dall’altro, la pubblicazione delle Linee Guida pubblicate dall’AgCom, volte a garantire il rispetto e l’uniforme e coerente applicazione da parte degli influencer delle disposizioni del D.lgs. 208/2021 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi). Per la prima volta, le linee guida hanno inquadrato gli influencer, o quantomeno quelli con grande seguito (oltre un milione di follower), come fornitori di servizi di media audiovisivi, accostandoli quindi a televisioni e radio. Da ultimo, l’introduzione di un codice Ateco ad hoc: la modificazione dell’attività dell’influencer da divertente passatempo a professione vera e propria è completa.
Il bilancio
Alla fine di quest’anno, e con l’introduzione del nuovo codice Ateco dal gennaio 2025, la formalizzazione della professione di influencer ha finalmente raggiunto – con significativo ritardo – una maturità normativa. Parallelamente, i consumatori sono diventati più consapevoli e attenti nel distinguere le diverse forme di pubblicità e gli influencer, sempre meno improvvisati, si mostrano più preparati anche sotto il profilo degli obblighi giuridici. Resta tuttavia aperta una questione: questa evoluzione normativa e regolamentare arriva nel momento giusto per consolidare il settore o, come sostengono alcuni osservatori, siamo già al tramonto dell’influencer marketing per come lo conosciamo?