Il periodo di campagna elettorale vede, solitamente, gli esponenti di partiti e coalizioni fare a gara per conquistarsi il centro della scena. Nel corso degli anni ci siamo abituati alle promesse elettorali più assurde provenienti da varie parti. Solitamente ci si appella agli aspetti più vicini alla vita degli elettori, come le tasse o le pensioni oppure si promettono mirabolanti opere pubbliche – che puntualmente non vengono realizzate. La campagna elettorale del 2022 non è diversa: Silvio Berlusconi promette di piantare un milione di alberi all’anno, Luigi Di Maio afferma di voler azzerare l’Iva sul pane e la pasta, Giorgia Meloni va alla carica sul presidenzialismo.
Mentre ci immergiamo in un’estate intensa, abbiamo raccolto alcune delle promesse (mai realizzate o realizzate solo in parte) dei leader politici italiani in occasione delle ultime tornate elettorali. Alcune sono megalomani, altre semplicemente impossibili da portare a termine, altre ancora si basano su informazioni false e alcune sono ormai così inflazionate che quasi non facciamo più caso al fatto che si trovino nei programmi. Quante ne ricordate?
Il referendum sull’uscita dall’euro
Il Movimento Cinque Stelle delle origini non ha mai nascosto la sua ostilità nei confronti della moneta unica e dell’Unione Europea. In vista delle elezioni europee del 2014, Grillo e soci presentarono la proposta di un referendum sulla permanenza dell’Italia nell’Unione Europea e nell’eurozona. Nel 2017, Di Maio ribadì in televisione che “Se si dovesse arrivare al referendum, che però io considero una `extrema ratio´, è chiaro che io voterei per l’uscita, perché significherebbe che l’Europa non ci ha ascoltato”. Di Maio ha poi fatto marcia indietro diverse volte sulla sua posizione. Secondo la Costituzione italiana non è possibile sottoporre a referendum abrogativo (secondo l’articolo 75 della costituzione) i trattati internazionali. Sarebbe stato possibile invece tenere un referendum consultivo sulla materia (come avvenne nel 1989, con la creazione di una legge costituzionale ad hoc), ma l’organizzazione di tale consultazione avrebbe posto una serie di problemi giuridici molto complessi, relativi al contrasto tra diritto costituzionale e diritto comunitario.
L’abolizione del bollo auto
Silvio Berlusconi non è nuovo né alle bufale né alle sparate all’insegna dell’assurdità. Nel 2017 ha promesso di “abolire il bollo sulla prima auto”, qualora fosse salito al governo. Più recentemente gli ha fatto eco Luigi Di Maio. Da allora non è cambiato molto. Il bollo lo paghiamo ancora tutti, e Berlusconi è ancora candidato alle elezioni politiche, così come Di Maio.
L’abolizione del Canone Rai
Un altro grande classico: l’abolizione del Canone Rai. Una “brutta tassa” la definì Renzi nel 2018. Nel 2019, Gianluigi Paragone, allora senatore del M5S (oggi corre con il suo partito, Italexit) presentò una proposta di legge per la sua abolizione. Oggi il canone RAI si paga direttamente dentro la bolletta della luce, ma sarà scorporato a partire dal 2023.
L’abolizione delle accise sulla benzina e la guerra d’Etiopia
Questa promessa è piuttosto trasversale alle forze politiche: da Matteo Renzi a Matteo Salvini, il taglio o l’abolizione delle accise sui carburanti è stato un cavallo di battaglia molto popolare. Nel 2014, a Porta a Porta Renzi disse che entro l’anno sarebbe andato a “pulire, decurtare, eliminare, tutte queste voci ridicole”, riferendosi proprio alle varie sottovoci delle imposte sul carburante. Lo stesso impegno compariva nel “contratto di governo” del primo governo Conte, con riferimento alle “componenti anacronistiche” delle accise sulla benzina. Con questa espressione si fa riferimento alla comune concezione secondo cui, con le accise sulla benzina, staremmo ancora pagando di eventi catastrofici o iniziative belliche del passato, come la guerra d’Etiopia del 1936. Come dimostrato da un fact checking di Pagella Politica in occasione delle ultime elezioni, si tratta di una bufala. Al momento, le accise sulla benzina sono state tagliate dal governo Draghi per contenere i costi della guerra corrente.
Niente più povertà
Chiudiamo il ciclo delle abolizioni con il fiore all’occhiello: Luigi di Maio che, con la legge di bilancio del 2018, disse, testualmente, che avrebbe “abolito la povertà”. Non si tratta di una vera e propria promessa elettorale, visto che Di Maio era già al governo quando pronunciò queste parole, ma merita sicuramente un posto d’onore. Da che parte cominciare a fare debunking di questa affermazione? Bastano forse gli ultimi dati Istat: nel 2021 c’erano quasi due milioni di famiglie (e più di cinque milioni di individui) in Italia che vivevano sotto la soglia della povertà assoluta. Certo, il reddito di cittadinanza può avere avuto degli effetti positivi, ma ha comunque molti limiti. E di certo, soprattutto dopo la pandemia e la recessione, la povertà è ben lontana dall’abolizione.
Le pensioni minime a mille euro
Un altro dei grandi cavalli di battaglia di Silvio Berlusconi è l’aumento delle pensioni. Lo promise nel 2001 (all’epoca la cifra promessa era un milione di lire), dando poi la colpa all’euro della mancata realizzazione del suo piano – che riguardò solo un numero limitato di persone. Per l’ultima volta lo affermò nel 2019. “Una delle cose che faremo noi col prossimo governo è aumentare a 1000 euro, per tredici mensilità, le pensioni minime”.
Il ponte sullo Stretto
Anche quest’anno, come a ogni elezioni, torna l’intramontabile promessa del ponte sullo Stretto di Messina. Lo ha rispolverato Salvini in un’intervista a Radio24. “Il ponte sullo Stretto di Messina? Io lo voglio.” Giuseppe Conte disse che lo avrebbe valutato come destinazione dei fondi del Recovery Fund, Matteo Renzi lo rispolverò in occasione della campagna referendaria, nel 2001 era in entrambi i programmi elettorali di Rutelli e Berlusconi. Ma la sua storia va molto più indietro. I primi studi di fattibilità risalgono ai primi anni dell’Unità d’Italia e addirittura in epoca romana furono stilati (e forse realizzati) dei progetti in questo senso.
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di Irene Doda www.wired.it 2022-08-11 13:00:00 ,