Mezzogiorno, 9 agosto 2022 – 08:50
di Fabio Calenda
S’ode a destra uno squillo di tromba, «uniti fino alla vittoria!». A sinistra risponde uno squillo, «uniti per fermare le destre!». Fino al 25 settembre, così risuonerà «d’ambo i lati calpesto il rimbombo di cavalli e di fanti il terren». Rimbombo di promesse, contumelie, recriminazioni e delegittimazioni, che in un batter d’occhio si è imposto sulla gestione di una molteplicità di urgenze concrete, costituenti la ragion d’essere dell’esecutivo di salvezza nazionale. Evidente la difficoltà dell’opinione pubblica a comprendere il motivo della corsa al voto con pochi mesi di anticipo, in pieno stato di avanzamento lavori di un governo a larghissima base parlamentare. Aggiungo, a beneficio dei tanti fautori a chiacchiere dell’orgoglio italico, un esecutivo guidato da un premier meritevole per aver proiettato il Paese ai vertici della considerazione internazionale. Altrettanto evidenti, e alquanto penosi, i tentativi degli autori dello strappo di liberarsi della pistola fumante, con impronte ben visibili su calcio e grilletto: di Conte, nella speranza di arrestare il declino della propria formazione; di Salvini e Berlusconi, ansiosi di recuperare terreno sull’ingombrante alleata (Meloni). Non sorprende la mossa del leader grillino e del Carroccio, rispondente alla rispettiva prassi politica; viceversa, la decisione del Cavaliere di appiattirsi sull’iniziativa di chiaro stampo demagogico dell’alleato, ha inferto un duro colpo alla sua credibilità di padre nobile di una destra improntata al «fare», liberalismo, senso dello stato, presidio dei ceti produttivi.
Tanto più, considerando che l’anticipazione delle urne, non certo una novità nella storia repubblicana, per la prima volta è stata innescata in uno scenario geopolitico ed economico di tale asprezza, di cui non si intravede la fine. Veniamo al rimbombo elettorale. A destra affiorano dissonanze, che investono il posizionamento in seno all’alleanza. Mentre Salvini e Berlusconi, partiti in quarta a caccia di popolarità, invocano, come di consueto, benefici da ottenere mediante l’espansione della spesa corrente e l’abbattimento delle tasse, Meloni avverte i partner a non sbilanciarsi in promesse impossibili da onorare. Se tale smarcamento verso il centro sui temi economici non resterà nelle intenzioni, determinerà una seria incrinatura nella compattezza della coalizione, sempre più tenuta insieme unicamente dal rodato collante della sicurezza, ordine pubblico, contrasto all’immigrazione. E qui scatta come riflesso pavloviano il rimbombo della sinistra, prodiga di accuse agli avversari di speculare sulle paure degli italiani. Dimostrando incapacità – o non volontà – di comprendere che la paura è un tema estremamente reale e rispettabile, da affrontare con risposte concrete, evitando di stigmatizzarla con anatemi, o esorcizzarla volgendo altrove lo sguardo.
Ulteriore riflesso condizionato, la rappresentazione della leader di fratelli d’Italia in camicia nera e manganello. L’insistenza sulla minaccia neofascista, gratificante per parte di militanti e opinionisti già schierati, risulta vana, più spesso controproducente, per far breccia tra indecisi e astenuti, ben consapevoli della sua strumentalità e inconsistenza. Unanimi i sondaggi indicanti il successo della squadra di destra, composta da una corazzata, seguita a distanza da due incrociatori, insofferenti al ruolo di scorta, coi lanciasiluri puntati per rallentarne la corsa un attimo dopo la vittoria. L’ammiraglia avversaria (Pd), anch’essa ben provvista di cannoni, deve fare i conti con parte del proprio equipaggio e con il resto del naviglio, determinati a deviarne la rotta per seguire il canto delle sirene, intonante ideologia e estremismo. Diversamente da Ulisse, il rischio non è di frangersi sugli scogli, ma di finire nelle secche. Per quanto riguarda il centrodestra, un conto è vincere la battaglia, altro è condurre la flotta in porto. Oltre alle contraddizioni sopra richiamate, non appare credibile nel cimentarsi con autorevolezza in una interlocuzione con l’Europa, divenuta più serrata. Per non parlare delle ambiguità – a dir poco- nei confronti dell’Alleanza Atlantica, con la lodevole eccezione di Meloni. A sinistra, il Pd presenta migliori credenziali di serietà, senso di responsabilità, europeismo. Purtroppo, anche imbrigliato in logiche di potere interno e di alleanze, che ne hanno quanto meno appannato le potenzialità di agente di cambiamento. Nel Mezzogiorno, l’esperienza dell’esecutivo «spiaggiato» ha segnato un indubbio progresso nel metodo di misurarsi coi fatti: tra cui, le implicazioni connesse all’attuazione del Pnrr, delle infrastrutture, della politica energetica, altrove fonte di urticanti ricadute locali (vedi rigassificatori). Dall’andazzo assunto dall’ordalia, ambo le parti sembrano averli rimossi. Dubito che nel prosieguo i due contendenti riusciranno a sorprenderci.
9 agosto 2022 | 08:50
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, 2022-08-09 06:50:19 ,