Se avete più o meno l’età del sottoscritto, c’è una piccola possibilità che vi ricordiate del cortometraggio animato in CGI Iron Man, Spider-man and the Hulk, realizzato da quel Tim Miller che anni dopo avrebbe diretto il primo Deadpool con Ryan Reynolds, nel quale, come da titolo, i tre noti eroi Marvel collaborano contro dei robot giganti.
Oppure vi ricorderete della devastante battaglia tra supereroi e supercattivi nella intro del videogioco DC Universe Online (realizzata sempre dallo stesso autore).
I filmati in questione hanno un grande pregio e un grande difetto: il pregio è quello di andare dritto al punto intrattenendo con la loro spettacolarità visiva, suggerendo al tempo stesso una chiara idea di chi siano i personaggi in esame e di come agiscano, ma il grande difetto sta proprio nel formato stesso del cortometraggio, che rende il filmato così breve da precludergli qualunque possibilità di presentare la benché minima forma di intreccio.
Insomma, sono lavori che mostrano ma non narrano.
Perché tutta questa premessa?
Perché sono esattamente queste le sensazioni provate da chi vi scrive nel guardare Licantropus (in originale Werewolf by Night), mediometraggio ambientato nel MCU, diretto da quel Michael Giacchino che siamo così abituati a vedere nelle vesti di compositore, e rilasciato su Disney + come speciale di Halloween.
Se volete sapere il perché dei nostri sentimenti contrastanti per il lupo mannaro della abitazione delle Idee, armatevi di pallottole d’argento, e proseguite nella lettura delle nostre opinioni su Licantropus.
Famolo strano st’omaggio
Al di là della dubbia scelta di far uscire uno speciale di Halloween un mese prima della festa in questione (cosa che sta per ripetersi anche con l’imminente speciale natalizio dedicato ai Guardiani della Galassia), il primo elemento che salta all’occhio di Licantropus è il fatto che si proponga come un omaggio ai grandi classici dell’horror, che richiama esplicitamente tramite l’uso del bianco e nero e la prevalenza di effetti pratici, ma l’effettiva riuscita di tale omaggio è il primo dubbio che chi vi scrive vorrebbe sollevare sullo speciale: se da un lato si cerca di far riferimento al cinema anni ‘40, dall’altro il tentativo è inevitabilmente smorzato da una serie di elementi della messa in scena che ben poco hanno a che fare con quel tipo di immaginario.
Tra un’estetica neogotica, costumi di pelle borchiati, piercing, cast multietnico, ma soprattutto un uso a dir poco spiazzante di una CGI, sì ben curata, ma che fa letteralmente a cazzotti con il resto degli effetti speciali pratici, i richiami all’horror anni ‘40 appaiono a malapena abbozzati, limitati all’uso del bianco e nero e di alcuni accorgimenti di regia.
Se a tutto ciò aggiungiamo la principale tematica del mediometraggio, ossia l’umanizzazione dei mostri, potremmo addirittura azzardare a dire che Licantropus sia più accostabile al lavoro di registi come Guillermo Del Toro o Tim Burton, piuttosto che a classici come il Frankenstein con Boris Karloff o il Dracula con Bela Lugosi.
Chi vi scrive non vuole comunque sminuire il lavoro fatto da Giacchino, e dare a Cesare quel che è di Cesare.
Per quanto non lo si possa definire esattamente di rottura, Licantropus è sicuramente uno dei prodotti più riconoscibili e singolari del MCU: nonostante sia comunque presente, l’umorismo è molto più nero e grottesco del solito, così come è molto più accentuata e d’impatto la violenza (sono da segnalare diversi arti amputati e gole tagliate), mentre certi tagli di luce e giochi di vedo-non-vedo rendono alcune sequenze davvero sinistre.
Insomma, Licantropus è da considerarsi un prodotto generalmente riuscito, ma allora cos’è che solleva i nostri dubbi?
Massimo risultato per minimo sforzo?
Per quanto sia realizzato con gusto e stile, chi vi scrive può, sì, dire di essere arrivato alla fine di quei cinquanta minuti intrattenuto e soddisfatto, ma niente più di questo: Licantropus non è banale né insufficiente, ma sicuramente nemmeno esaltante e stupefacente, ma soprattutto non si può dire che lasci realmente qualcosa nello spettatore in seguito alla visione.
L’intreccio è a malapena presente, i personaggi privi di sviluppo o di background, e la sensazione generale è che l’intero speciale sia fondamentalmente una scusa per aggiungere un nuovo tassello al già amplissimo mosaico del MCU, ossia il mondo dei mostri, in attesa di svilupparlo in altri prodotti, magari in nuovi speciali di Halloween, o nel tanto vociferato film sui Midnight Sons.
Un’ottima obiezione a questa critica potrebbe essere il fatto che di certo non ci si possa aspettare da un mediometraggio di cinquanta minuti la complessità di un film di tre ore, e infatti la critica mossa dal sottoscritto è proprio rivolta alla scelta di un formato che, per sua natura, non può offrire un racconto articolato e approfondito, specie alla luce della possibilità che i Marvel Studios, forti del successo di questo speciale, possano renderlo una sorta di norma per introdurre nuovi personaggi e scenari da far confluire poi in film e serie TV.
Diciamocelo chiaramente: insieme ad Halloween, ci siamo lasciati alle spalle anche la Fase 4, che questa settimana si concluderà con l’uscita di Black Panther: Wakanda Forever, e possiamo dire senza troppi problemi come sia stato il periodo finora più buio per il MCU.
Tra produzioni vessate dalla pandemia, insider che hanno puntualmente spoilerato ogni singolo film prima ancora della sua uscita, una estrema libertà creativa concessa ai registi non controbilanciata da un percorso solido e chiaro, che facesse capire al pubblico dove una fase composta da prodotti così diversi come Eternals e Thor: Love and Thunder volessero realmente andare a parare, e una generale difficoltà nel riprodurre le stesse circostanze che hanno favorito il trionfo della Infinity Saga, è chiaro come le nostre aspirazioni di vedere il MCU ritornare agli antichi fasti vadano a ricadere sulla Fase 5 (che si aprirà il prossimo febbraio con Ant-Man and the Wasp: Quantumania), ma proprio alla luce delle recenti difficoltà, la scelta di puntare maggiormente su prodotti limitati da un formato che chiude le porte a qualunque tentativo di costruire un racconto, corre il serio rischio di essere interpretata dal pubblico come un modo per espandere il proprio brand con maggior facilità, senza sforzarsi di inventare nuove storie per sviluppare i personaggi e gli scenari che verranno introdotti in futuro.
Certo, se Marvel dovesse finalmente rendersi conto che non tutti i personaggi debbano avere per forza il proprio film o la propria serie (qualunque riferimento a una serie di nove episodi dedicata ad Agatha Harkness non è minimamente casuale) di certo non costituirebbe un danno, ma speriamo che non si cada nell’estremo opposto, e che non si finisca per relegare a prodotti eccessivamente brevi personaggi bisognosi di uno sviluppo approfondito.
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di Ivan Guidi
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2022-11-07 13:27:55 ,