editoriale
Mezzogiorno, 9 dicembre 2021 – 07:55
di Vincenzo Esposito
E chi se lo aspettava. Napoli ha avuto un ruolo importante nella vicenda di Patrick Zaki, nella sua resistenza, nella sua voglia di speranza e di libertà. «In questi due anni di carcere — ha detto felice dalla abitazione dei genitori a pochi passi dal Nilo — ho letto molto, i libri mi hanno aiutato. Dostoevskij, Saramago e la letteratura napoletana, in particolare Elena Ferrante». E poi ha aggiunto: «Non ho mai visitato Napoli, lo farò appena potrò tornare in Italia». Chissà se tra le mura della sua cella, nel carcere di Tora al Cairo, ha immaginato, guardando il soffitto, quella città lontana, magari le strade polverose e violente che hanno visto crescere Lenù e Lila. La loro voglia di riscatto e di speranza, la lotta per andare oltre le rigide regole del quartiere. Zaki è cresciuto in Egitto, ha studiato a Bologna, nulla di più lontano dal Rione Luzzatti e da Gianturco. Eppure in qualcosa si è rivisto se Lenù e Lila dalle pagine di un libro lo hanno aiutato a sopravvivere e a continuare a sperare. E cos’altro di napoletano Zaki ha letto sul lettino della sua cella, durante le continue proroghe della custodia preventiva, dopo la negazione continua della libertà? Forse, chissà, avrà letto Eduardo e avrà riflettuto sulla frase ormai celebre «Ha da passa’ ‘a nuttata» che chiude Napoli milionaria. Una frase di speranza al termine di tanta disperazione e che arriva dopo le lacrime amare di donna Amalia che chiede al marito: «Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?».
Quando i diritti civili in Egitto verranno riconosciuti, quando sarà possibile non essere ssconfitti in galera per un semplice sospetto, senza nessuna prova. «Quando ci risaneremo»? Fino a che la libertà non sarà soltanto immaginaria. E allora «ha da passa’ a nuttata» anche al Cairo. E poi? Chissà, forse Zaki si è ritrovato anche nelle pagine di Curzio Malaparte. E allora avrà letto: «Gli uomini, quando lottano per non morire, si aggrappano con la forza della disperazione a tutto ciò che costituisce la parte viva, eterna, della vita umana, l’essenza, l’elemento più nobile e più puro della vita: la dignità, la fierezza, la libertà della propria coscienza. Lottano per salvare la propria anima». E alle parole de La pelle Patrick Zaki avrà allineato i propri pensieri: «Salvare la libertà della coscienza». E chissà, avrà riconosciuto il proprio Paese, leader della democrazia distrutta, in quella Napoli distrutta del Dopoguerra, che nella penna di Malaparte si trasforma in un continente letterario, in un luogo immaginario al di là dell’umana comprensione, dannato e immobile che diventa il centro della paralisi, della tragedia e dell’abiezione, e proprio per questo luogo di speranza. Due anni di carcere sono tanti, e tanto tempo ha avuto Zaki per leggere. Cosa? Quando sarà nella città di cui è anche cittadino onorario, speriamo molto presto, ce lo dirà.
9 dicembre 2021 | 07:55
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