Mezzogiorno, 14 agosto 2021 – 09:04
di Paolo Macry
Napoli la sinistra spera di conquistare palazzo San Giacomo al primo turno. Attorno a una personalit di valore indubbio come Gaetano Manfredi ha costruito una coalizione ampia, molto ampia, priva di confini ideologici e addirittura di confini politici, forse troppo ampia, troppo sconfinata. Una coalizione di cui fanno parte grillini contiani, grillini fichiani, sinistra, estrema sinistra, spezzoni di centrodestra, personaggi di provenienza demagistrisiana. E naturalmente l’agguerrita rete deluchiana. Una coalizione per certi versi paradossale: giallo-rosso-arancione con venature azzurre. Facile prevedere che sia destinata a prevalere sulla destra di Maresca. Facile prevedere anche un alto tasso di astensionismo. L’opinione pubblica non stata finora mobilitata se non molto blandamente, la campagna elettorale in sordina, ai napoletani si promettono cose straordinariamente generiche. Cio, in sostanza, non si parla di Napoli e non si prospettano concretamente le soluzioni ai suoi enormi problemi. Se questo vero, perch mai gli elettori dovrebbero entusiasmarsi per l’uno o per l’altro dei candidati e correre alle urne? Ma attenzione a correre troppo, perch la domanda un’altra. Ce la far la gioiosa macchina da guerra a superare la fatidica soglia del 50%? E cosa succederebbe se Manfredi, pur vincendo a man bassa il primo turno, fosse costretto a giocare anche i tempi supplementari? Nulla di irreparabile, risponderanno i suoi spin doctor.
Un ballottaggio Manfredi-Maresca, diranno, sarebbe ancor pi scontato. Vero. Per quanto la sinistra non potrebbe aizzare gli elettori sbattendo qualche mostro in prima pagina (successe con Gianni Lettieri, com’ noto), Napoli resta comunque una citt che raramente ha premiato la destra. Vincerebbe Manfredi, magari con pochi voti, con un bel pezzo di opinione pubblica estraneo alla competizione. Esiste tuttavia una terza ipotesi, oltre all’elezione di Manfredi al primo turno e al ballottaggio Manfredi-Maresca. Un’ipotesi che stata a lungo un’ipotesi di scuola, un tertium ritenuto da tutti o quasi tutti irrealistico, totalmente improbabile, fastidioso soltanto a parlarne. Un’ipotesi della quale soltanto di recente s’ cominciato a discutere, e comunque pi sui social che sulla stampa, pi nelle chat tra amici che negli articoli firmati. L’ipotesi che al ballottaggio non ci vada Maresca, ma Antonio Bassolino.
Come, ancora Bassolino?, per parafrasare la domanda autoironica che campeggia sui suoi manifesti elettorali. S, ancora lui. Bassolino, del resto, con una decisione che molti giudicarono (e giudicano) velleitaria, si gettato nell’agone da molti mesi. Alla sua maniera, tenace, sornione, passo dopo passo, consapevole di avere tanti nemici, di essere ormai sconosciuto a tanti giovani, ma di conservare comunque uno zoccolo duro, forse l’unico che esista ancora a Napoli. Un fan club popolato magari di donne e uomini ges , di nostalgici, di reduci, ma pur sempre un club che mostra stima, affetto, perfino idolatria nei suoi confronti. Ci che per essere entrati in scena da poco tempo e per motivi caratteriali, non si pu dire di Manfredi e Maresca. Bassolino ripropone cio il vecchio modello della leadership carismatica, sebbene in sedicesimo: in sedicesimo il suo fascino personale, in sedicesimo gli iscritti al fun club. Ingenuo? Pu essere. E tuttavia insidioso, per il candidato giallo-rosso-arancione. Insidioso perch potrebbe essere la presenza di Bassolino a togliere a Manfredi i voti per vincere la partita al primo turno. Ma insidioso soprattutto se, di fronte allo sfarinamento della destra (e i sintomi sono molti), fosse lui – miracolosamente – a correre per il ballottaggio.
Cosa succederebbe, in questo caso? Che competizione sarebbe quella tra Manfredi e Bassolino? Sarebbe una competizione piena di trabocchetti, ma assai pi per Manfredi che per Bassolino. Metterebbe a dura prova una parte almeno dell’elettorato dell’ex rettore, riesumando ferite mai rimarginate all’interno della sinistra. Chiamerebbe a raccolta tutti coloro che non amano il partito di Sarracino e Mancuso, tutti coloro che non gradiscono i signori dei voti saliti sul carro del presunto vincitore, tutti coloro che vorrebbero tanto ridimensionare il mattatore di palazzo Santa Lucia. Basterebbero per rovesciare l’esito delle urne? Per far prevalere Bassolino su Manfredi? Probabilmente no. Ma a questa andrebbe aggiunta un’altra variabile: l’appoggio silenzioso – nel segreto dell’urna – al candidato civico da parte di una porzione dell’elettorato di centrodestra. Un fenomeno di libera riaggregazione che si verifica spesso nei ballottaggi, pur senza essere quasi mai decisivo, ma che nella fattispecie potrebbe cumularsi ad altri consensi imprevisti e assumere dimensioni significative.
E poi bisognerebbe tener conto di un altro fattore, imperscrutabile e tuttavia potenzialmente decisivo. A differenza dal primo turno e a differenza da un ballottaggio Manfredi-Maresca, una competizione diretta tra Manfredi e Bassolino sarebbe probabilmente in grado di mobilitare l’opinione pubblica. Alzerebbe improvvisamente il livello dello scontro politico, diventerebbe un fatto di scala nazionale, interesserebbe giornali e tv, impegnerebbe maitres penser e societ civile, coinvolgerebbe sindacati e associazioni di categoria. I decibel della campagna elettorale crescerebbero a dismisura, tanto quanto oggi tutto sembra felpato e compassato e, alla fin fine, poco interessante. La guerra guerra, e questa sarebbe una guerra civile, cio crudele, cattiva. Volerebbero gli stracci. Dopotutto – e lui il primo a saperlo – oggi la figura di Bassolino divisiva. Come non fu trent’anni fa. il sindaco del Rinascimento e il sindaco dei rifiuti, il pluri-inquisito e il pluri-assolto, l’uomo della metropolitana dell’arte e l’uomo di Bagnoli, il leader della gloriosa giunta del 1993 e poi della estenuante alleanza con De Mita. In un modo o nell’altro, la presenza di Bassolino ai cento metri finali costringerebbe tutti a ripensare a quel che successo in questi anni tormentati. Sarebbe uno shock per l’intera citt. A Napoli nelle ultime competizioni elettorali ha votato la met circa degli aventi diritto. Difficile dire cosa succederebbe se il grande ghiacciaio dell’astensionismo decidesse di sciogliersi. L’abbiamo visto tutti, non bisogna mai giurare su come vanno a finire i cento metri.
14 agosto 2021 | 09:04
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