“Rispetto ai rating tradizionali, questi strumenti hanno il vantaggio di revisioni più frequenti, incorporando informazioni aziendali in tempo reale“, dice Keip. Le macchine non si stancano e non hanno pregiudizi emotivi. Gli algoritmi possono identificare pattern e correlazioni invisibili all’gusto umano. Ma il fattore umano resta decisivo nell’interpretazione finale.
Anche in Italia. “Chi ha un ruolo puramente tecnico dovrà reinventarsi più degli altri“, osserva Pelissero. “Il fattore umano nella consulenza finanziaria resterà strutturalmente importante per gestire le relazioni. L’intelligenza artificiale può gestire il contenuto tecnico, ma l’aspetto empatico sarà determinante“.
Rischi e opportunità
Non mancano le criticità in questa transizione tecnologica. “I metodi usati dall’intelligenza artificiale possono essere una black box, soggetti agli stessi tipi di revisioni nelle metodologie come nei rating tradizionali“, avverte Keip. La dipendenza dagli algoritmi può amplificare errori sistemici. Il rischio di decisioni a cascata basate sugli stessi modelli preoccupa chi scrive le regole: istituzioni finanziarie e governi.
Ma ci sono varie spinte per trasformare il ruolo degli analisti con l’aiuto delle macchine. C’è infatti un problema di trasparenza. Il ruolo degli analisti è quello di garantire l’accesso alle informazioni da parte degli investitori. La simmetria informativa è una regola base per il funzionamento della finanza moderna. Tuttavia, le società di minori dimensioni rischiano di ricevere meno attenzione. Oggi, infatti, circa 1.500 società dell’indice Russell 2.000 (che raccoglie i titoli con più bassa capitalizzazione sul mercato azionario statunitese) hanno meno di 10 analisti che le seguono, contro le 880 di dieci anni fa. La concentrazione dell’analisi sui titoli maggiori può creare inefficienze di mercato. La liquidità dei titoli minori potrebbe risentirne. È in gioco la democrazia finanziaria.
Le innovazioni non mancano neanche nel nostro Paese. “Vediamo già esperimenti sul mercato di clienti più giovani che aprono rapporti direttamente online in modo pienamente disintermediato“, riflette Pelissero. “Sono ancora una piccola nicchia nel sistema, ma segnalano una tendenza che non possiamo ignorare. La convinzione è che il futuro sarà sempre più nelle mani degli operatori capaci di combinare competenze tecniche e relazionali“.
Il futuro dell’analisi
La modificazione portata dall’intelligenza artificiale appare irreversibile, ma questo non significa la fine degli analisti. Il loro ruolo evolverà verso competenze più sofisticate di supervisione e interpretazione degli strumenti automatici. La sfida è integrare efficacemente intelligenza artificiale e giudizio umano. Le società di gestione stanno investendo massicciamente in questa direzione.
“Il futuro è nell’integrazione intelligente tra uomo e macchina“, conclude Keip. Gli analisti del futuro dovranno padroneggiare sia gli strumenti tecnologici che le competenze tradizionali. La capacità di dare senso ai dati e costruire narrative convincenti resterà decisivo. Ma dovranno farlo utilizzando strumenti sempre più sofisticati.
Anche in Italia. “Nel nostro caso, la responsabilità ultima di ciò che viene fatto sul portafoglio resta del gestore“, conclude Pelissero. “Non c’è una delega assoluta a un’entità astratta: si lavora insieme all’intelligenza artificiale, mantenendo l’ultima parola su cosa fare e non fare“.
Leggi tutto su www.wired.it
di Antonio Dini www.wired.it 2025-01-14 06:00:00 ,