L’intelligenza artificiale generativa è una delle forze più trasformative degli ultimi tempi e ha il potenziale per rimodellare il panorama economico e industriale italiano. Da parte sua, il nostro paese ha il potenziale non solo per superare le sfide attuali, ma anche per emergere come leader nel panorama mondiale della tecnologia del momento, a patto però che adotti con urgenza un approccio strategico alla materia.
Sono queste le conclusioni a cui porta lo studio AI 4 Italy: from theory to practice – Verso una politica industriale dell’IA Generativa per l’Italia, condotto da The European House Ambrosetti Group in collaborazione con Microsoft Italia e presentato a margine del riunione Ambrosetti a Cernobbio, in provincia di Como.
Il made in Italy
Innanzitutto, l’analisi rileva che l’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale potrebbe aggiungere fino a 312 miliardi di euro al Pil annuale italiano nei prossimi 15 anni, che si tradurrebbero in una crescita del 18,2%. Di tale aumento beneficerebbero soprattutto le piccole e medie imprese, per le quali si prefigurerebbe un incremento di 122 miliardi in valore aggiunto. Sarebbe soprattutto il made in Italy a volare più in alto: i margini di esportazione del manifatturiero italiano potrebbero aumentare potenzialmente fino a 12 miliardi di euro (+19,5%), con protagonisti assoluti settori chiave come l’ingegneria meccanica e la farmaceutica.
La produttività
Tutte le aziende intervistate hanno affermato di avere adottato o di aver previsto di adottare soluzioni di intelligenza artificiale generativa. E chi lo ha già fatto conta però già netti miglioramenti in termini di produttività: il 47% delle imprese riferisce aumenti della produttività superiori al 5%, mentre il 74% ha registrato incrementi di produttività superiori all’1%. Un’azienda su due prevede che tali dati possano superare il 10% entro il 2026. Dati eccezionali se parametrati a quello complessivo degli ultimi vent’anni (+1,6%).
Le competenze
Secondo lo studio, l’Italia è in ritardo sul know-how relativo all’IA: per il 63% degli imprenditori le competenze circa la tecnologia non sono ancora diffuse, fattore che crea carenze sia nell’offerta formativa, sia nella disponibilità di talenti sul mercato del lavoro. In Europa, il nostro paese è settimo per i programmi di studio dedicati all’intelligenza artificiale (sedicesimo tra quelli Ocse) e già il vecchio continente è molto indietro rispetto a Regno Unito e Stati Uniti. Il belpaese è poi messo in difficoltà anche in questo comparto dalla fuga dei cervelli.
Gli investimenti
L’altra faccia della medaglia del ritardo nelle competenze è il ritmo lento degli investimenti dell’Italia nell’intelligenza artificiale. Più in generale, nel 2023 l’intera Unione europea ha contribuito solo al 4% dello sviluppo unitario dei modelli di IA generativa. L’ecosistema IA italiano si classifica al ventesimo posto a livello mondiale in termini di investimenti in startup e scaleup, e solo due università italiane sono classificate tra le prime settanta a livello mondiale per i programmi di studio sull’argomento.
Le sfide del futuro
L’Italia è dunque chiamata, secondo l’analisi, a raggruppare i propri sforzi su tre aree chiave: competenze, innovazione e governance. Sul fronte delle competenze, servono un piano nazionale di alfabetizzazione IA e maggiore formazione universitaria e aziendale. Per l’innovazione, è fondamentale una strategia IA per l’Industria 5.0, con risorse per integrare l’IA generativa nel manifatturiero. In termini di governance, occorre potenziare il ruolo delle istituzioni esistenti, rendendole centrali nella programmazione economica a lungo termine, per garantire una crescita sostenibile del paese.
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di Alessandro Patella www.wired.it 2024-09-06 16:13:45 ,