La guerra iniziata dalla Russia in Ucraina sta continuando ad avere conseguenze significative e per certi versi inaspettate nella politica estera dei vari paesi: non solo della Germania, che nell’ultima settimana ha messo in discussione princìpi che avevano guidato le sue decisioni per oltre trent’anni, ma anche di paesi storicamente neutrali come la Finlandia, la Svizzera e la Svezia, la cui neutralità ha contribuito in parte all’equilibrio delle relazioni internazionali degli ultimi decenni.
La Finlandia sono state raccolte in pochi giorni le firme necessarie per fare un referendum per entrare nella NATO. Per decenni, per varie ragioni, la Finlandia si era rifiutata di farlo: se succedesse sarebbe una decisione storica, con potenziali grosse conseguenze. Anche in Svezia, altro paese storicamente neutrale, il sostegno all’idea di entrare nella NATO è cresciuto. La Svizzera, infine, ha accettato di unirsi all’imposizione di sanzioni contro la Russia, facendo un’eccezione alla sua storica neutralità, che era rimasta tale anche durante le due guerre mondiali.
Sia la Finlandia sia la Svezia, inoltre, hanno annunciato che invieranno armi e mezzi per sostenere la resistenza ucraina: anche questo è un passo per molti versi inedito.
In Finlandia le firme per il referendum sull’entrata nella NATO sono state raccolte su iniziativa dei cittadini: la raccolta è iniziata lunedì scorso – il giorno in cui il presidente russo Vladimir Putin ha avviato l’invasione dell’Ucraina – ed è arrivata venerdì scorso a oltre 50mila firme, quelle necessarie perché la richiesta dei cittadini venga esaminata dal parlamento. Alla raccolta firme è seguito anche un sondaggio fatto da Yleisradio Oy, la rete radiotelevisiva di stato finlandese, nei giorni in cui Putin ha avviato l’invasione su larga scala dell’Ucraina: dal sondaggio è risultato che il 53 % dei finlandesi sostiene l’entrata del paese nella NATO.
Tutto questo non significa, per ora, che la Finlandia entrerà nella NATO: non è detto che il referendum si tenga, e il parlamento finlandese ha comunque in coda altre 22 raccolte di firme da esaminare. E nel 2023 ci saranno nuove elezioni: se il parlamento non esaminerà la raccolta firme sul referendum per l’entrata nella NATO prima di questa data potrebbe rendersi necessaria un’altra consultazione pubblica.
Tuttavia il fatto che nel giro di pochi giorni si sia manifestato un sostegno così ampio e chiaro sull’entrata della Finlandia nella NATO è estremamente significativo (oltre al fatto che il parlamento è ora obbligato quantomeno a discutere di questa possibilità). La Finlandia, da questo punto di vista, non è un paese qualunque: condivide un ampio confine con la Russia e anche per questo sono decenni che mantiene una posizione apertamente e dichiaratamente neutrale.
Posizione che fu anche formalizzata, durante la Guerra Fredda, con un trattato stipulato tra Finlandia e Unione Sovietica nel 1948 e decaduto solo con la caduta dell’URSS: prevedeva, in sostanza, che la Finlandia – l’unico paese compiutamente occidentale che condivide un confine di terra con la Russia – sarebbe rimasta neutrale nel conflitto fra Occidente e Unione Sovietica, per esempio rifiutandosi di entrare nella NATO o di accogliere contingenti occidentali sul proprio territorio. La Finlandia accettò anche di rinunciare ad alcune libertà, come quella di criticare apertamente l’Unione Sovietica sui propri mezzi di comunicazione. In cambio l’Unione Sovietica si impegnò a non invadere né occupare militarmente la Finlandia (che aveva dominato dal 1809 al 1917).
Questo particolare status della Finlandia è arrivato anche ad avere un nome, “finlandizzazione”, termine che si è poi esteso anche oltre lo specifico contesto finlandese, in cui comunque non ha un’accezione positiva: «Fu un periodo molto difficile nella storia finlandese», ha detto al New York Times Mika Aaltola, direttore del Finnish Institute of International Affairs: «per i finlandesi ha un significato negativo».
Questo status, tuttavia, ha contribuito anche dopo la Guerra Fredda (e di fatto fino ad oggi) alla stabilità dei rapporti tra Russia e Occidente: è anche il motivo per cui il concetto di “finlandizzazione” era stato usato, nelle scorse settimane, anche per discutere di una possibile soluzione alla crisi ucraina. Una «Finlandizzazione 2.0», come l’aveva definita un analista dell’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale), in cui l’Ucraina accettasse di restare neutrale e di non entrare nella NATO, per evitare la guerra. Di possibile “finlandizzazione” dell’Ucraina aveva anche parlato, a gennaio, il presidente francese Emmanuel Macron dopo un incontro con Vladimir Putin.
Tutte queste premesse fanno capire il peso che una potenziale entrata della Finlandia nella NATO potrebbe avere sugli equilibri internazionali. Come tra l’altro la Russia ha già fatto capire: commentando la discussione attiva in Finlandia su una possibile entrata nella NATO, il governo russo ha minacciato «pesanti ripercussioni militari e politiche».
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La Finlandia non è l’unico paese storicamente e tradizionalmente neutrale ad aver preso apertamente posizione contro la Russia. Lo ha fatto anche la Svezia, che per ragioni simili a quelle della Finlandia aveva mantenuto fino a ora un ampio margine di neutralità.
Lunedì il governo svedese ha annunciato l’invio di armi – 5mila armi anticarro, oltre a elmetti, scudi e cibo per i soldati – in Ucraina: la prima ministra svedese Magdalena Andersson ha detto che è la prima volta dal 1939 (quando l’Unione Sovietica invase la Finlandia) che la Svezia invia armi a un paese estero impegnato in un conflitto. Anche in Svezia, tra l’altro, il consenso verso l’entrata nella NATO sembra essere aumentato: secondo un sondaggio organizzato a fine gennaio dall’istituto Demoskop in collaborazione con Aftonbladet, quotidiano svedese, il 42 % degli svedesi si è detto favorevole a questa possibilità.
Va comunque detto che con la NATO Svezia e Finlandia hanno comunque rapporti già molto stretti: venerdì scorso i due paesi hanno anche partecipato alla riunione straordinaria dell’alleanza sulla guerra appena iniziata. E se decidessero di entrarne a far parte, scrive Politico, lo farebbero con una procedura più veloce di quella di altri paesi.
L’invasione dell’Ucraina, però, sembra aver reso questa possibilità particolarmente concreta, e la cosa è stata notata da più osservatori. Commentando il sondaggio sull’entrata nella NATO in Finlandia, per esempio, l’ex primo ministro svedese Carl Bildt ha detto che «l’impensabile potrebbe cominciare a diventare pensabile»; Samuel Ramani, analista dell’Università di Oxford, ha invece scritto che «Vladimir Putin ha ucciso la neutralità svedese e il pacifismo tedesco in un solo weekend».
Vladimir Putin has killed Swedish neutrality and German pacifism in a single weekend
— Samuel Ramani (@SamRamani2) February 27, 2022
L’altro paese che sembra aver abbandonato le proprie posizioni neutrali è la Svizzera, che ieri ha annunciato che farà un’eccezione alla sua storica politica della neutralità per imporre sanzioni contro la Russia. Il governo svizzero ha disposto limitazioni per numerose banche russe e ha emesso a propria volta sanzioni contro Putin e il suo ministro degli Esteri, Sergei Lavrov.
Il presidente della Confederazione svizzera, Ignazio Cassis, ha detto che «gli Stati che rispettano il diritto internazionale devono poter contare sulla Svizzera. Fare il gioco dell’aggressore non è compatibile con la nostra neutralità», ha aggiunto Cassis, secondo cui l’invasione russa dell’Ucraina è «un’aggressione alla sovranità, alla libertà, alla democrazia e alla cittadinanza civile di un paese sovrano».
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2022-03-01 12:01:38 ,