L’Italia al voto il 25 settembre. Mattarella scuote i partiti

L’Italia al voto il 25 settembre. Mattarella scuote i partiti

L’Italia al voto il 25 settembre. Mattarella scuote i partiti



Si può dire che è stata un’ultima scossa ai partiti. Non un ultimo appello, no, il tono era diverso. Era piuttosto quello di chi ha maturato una profonda delusione per l’esito della crisi. Dunque, quando dice «ho il dovere di sottolineare che il periodo che stiamo attraversando non consente pause» e poi «mi auguro che pur nell’intensa campagna elettorale vi sia da parte di tutti un contributo costruttivo nell’interesse superiore dell’Italia», sta richiamando le forze politiche a mettere in agenda gli adempimenti necessari che rischiano di restare sospesi dopo la scelta di far cadere la legislatura. Forse parlare di irritazione è troppo e magari non è nemmeno nelle corde di Mattarella, ma il suo intervento in diretta Tv – fatto in modo così asciutto – dava proprio l’idea del trauma appena vissuto. Tuttavia, è stato un discorso che mirava a salvare il salvabile.

E cioè cercare di portare i leader a programmare un calendario di lavori per mandare in porto alcuni provvedimenti fondamentali e il Pnrr. E infatti parla di «interventi indispensabili per contrastare gli effetti della crisi economica e sociale e, in particolare, dell’aumento dell’inflazione che, causata soprattutto dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari, comporta pesanti conseguenze per le famiglie e per le imprese». E poi ricorda «l’attuazione nei tempi concordati del Piano Ue, cui sono condizionati i necessari e consistenti fondi europei di sostegno». Infine, il contrasto alla pandemia.

L’invito a non «andare in pausa»

Li mette in fila, per dare il senso che è in contatto con il Paese, con la quotidianità di quelli a cui magari sfugge il senso di questi giorni ma che ha problemi pratici. Allo stesso tempo, però, è la dimostrazione che al Quirinale si sta già ragionando in prospettiva, guardando al 25 settembre – data delle elezioni – e al 13 ottobre, giorno in cui ci sarà la convocazione delle nuove Camere. Con quella sollecitazione a non «andare in pausa» è come se Mattarella volesse creare un filo di continuità con la futura stagione almeno su quelle leggi necessarie per chi sta peggio. In effetti, la macchina parlamentare e governativa si è poi messa in moto, iniziando a concordare una prima bozza di lavoro su cosa si può fare a Camere sciolte, seguendo la griglia data dal capo dello Stato. Certo le eventuali dimissioni dei ministri 5 Stelle e Lega – di cui si è pure parlato nella giornata di ieri – paralizzerebbero tutto. E l’ultima chiamata del capo dello Stato alla responsabilità nell’interesse degli italiani cadrebbe nel vuoto.

Titoli di coda e tabù d’autunno

La giornata però era cominciata come da programma, cioè con il ritorno di Draghi al Colle per le dimissioni che questa volta sono state accolte. Poi l’incontro con i presidenti di Camera e Senato e infine i decreti di scioglimento che erano già pronti dal giorno prima, quando Mattarella nei suoi colloqui privati con i leader – e poi assistendo alle votazioni di fiducia in Aula – ha preso atto che ormai stavano scorrendo i titoli di coda. «La discussione, il voto e le modalità con cui è stato espresso ieri al Senato – ha detto – hanno reso evidente il venir meno del sostegno parlamentare al Governo e l’assenza di prospettive per dar vita a una nuova maggioranza». Ecco quindi la scelta di mandare alle urne il 25 settembre, nonostante un contesto inquietante. In quel breve messaggio ha ringraziato Draghi con cui c’è sempre stata solidarietà anche umana – nonostante le malignità fatte girare ieri su dissidi tra i due – ma non ha alzato l’indice contro qualcuno. Del resto, il clima è già acceso tra i partiti, c’è davanti una campagna d’agosto rovente, e una prossima formazione del Governo che potrebbe essere complicata in cui sarà indispensabile tenere il ruolo di garante e arbitro.

La serata si chiude con gli ultimi adempimenti presidenziali: i decreti di indizione delle elezioni e prima riunione delle Camere – 25 settembre e 13 ottobre – e i decreti di assegnazione dei seggi di Camera e Senato. Si rompe così il tabù del voto d’autunno.



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