Bisogna immaginare l’ultimo giorno, fatto di gesti minimi, quasi automatici e ripetuti da anni, innescati dal suono della sveglia sul comodino, perché il turno non aspetta. Un saluto, un appuntamento per dopo, “ci vediamo stasera”: c’è sempre qualcosa da fare, ma prima viene il lavoro. Chi fa il “notturno” monta alle 22, attraversa l’intera notte sotto il neon, torna a abitazione alle sette.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-07-08 02:00:00 ,www.repubblica.it