Il governatore dell’Emilia-Romagna: «Guai a pensare di aver già vinto i ballottaggi». E sugli alleati a fasi alterne: «Conte ha detto “mai con la destra”, ora ce lo dimostrino»
Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna: ha già brindato o aspetta i ballottaggi di Roma e Torino?
«La vittoria del Pd e del centrosinistra è stata netta al primo turno e sono fiducioso anche per i ballottaggi. Guai però a pensare di avere già vinto, perché si parte sempre da zero a zero. Certo però che abbiamo presentato candidati preparati sostenuti da coalizioni larghe. La destra ha deciso invece tutto da Roma pensando più al derby tra Salvini e Meloni, che ai territori».
Davvero una vittoria piena? L’astensione è stata forte anche tra la vostra gente.
«Se guardo ai flussi, è stata soprattutto la debolezza della proposta della destra a tener lontano dalle urne molti elettori. È però vero che esiste una distanza dalla politica e dalle istituzioni che va recuperata. E in ogni caso quei cittadini non sono spariti: se troveranno alle politiche un progetto convincente lo sosterranno. Spetta a tutti provarci e al centrosinistra non illudersi di aver già vinto».
Fino a poche settimane fa il Pd era in posizione di subalternità al M5S. Ora il rapporto è ribaltato. Lei alle regionali ha sconfitto la Lega senza il Movimento: alle politiche è uno schema replicabile o sono alleati essenziali?
«Alle regionali cercammo il confronto col M5S ma di fronte al loro rifiuto ci rivolgemmo direttamente ai loro elettori, che seppero scegliere. Questo per me significa essere aperti e non subalterni. Da allora il Movimento ha abbandonato posizioni populiste, scegliendo una collocazione europeista e progressista. Posizione ribadita con chiarezza da Conte. Se confermeranno questa impostazione saranno naturali alleati di un nuovo centrosinistra allargato».
Però ora come fate a fidarvi di un alleato che in due ballottaggi chiave come Roma e Torino non sostiene i candidati del Pd e al primo turno era un avversario?
«Tocca a loro decidere da che parte stare. In alcune importanti città, in primis Napoli e Bologna, si sono già schierati col centrosinistra e, insieme, la vittoria è stata netta. Dopo il primo turno Conte ha detto “mai con la destra”. Ora chi vuole davvero lavorare a costruire uno schieramento riformista e progressista alternativo alla destra sovranista può dimostrarlo nei fatti. Misureremo su quello, sui fatti e non sulle chiacchiere».
Con questo Pd versione «Nuovo Ulivo» sembra essere scoppiata una insolita pace nel partito: con il segretario Letta cosa è cambiato rispetto alla gestione Zingaretti?
«Letta sta facendo bene. Il Pd sta lavorando ad un’agenda che tenga insieme i diritti delle persone e quelli sociali ed economici: lavoro e sviluppo sostenibile, scuola e sanità territoriale, innovazione e trasformazione digitale. C’è una consonanza forte col lavoro di Draghi e con l’agenda europea. Non è un caso che esplodano le contraddizioni interne sia alla destra italiana che a quella europea».
Lei a quale corrente è iscritto?
«A nessuna. Il pluralismo e il confronto interno devono servire a costruire una visione condivisa e una proposta forte sulle grandi sfide che abbiamo davanti, dalla transizione ecologica alla trasformazione digitale, da un nuovo patto tra lavoro e impresa ai diritti delle persone. Se vogliamo arrivare pronti alle politiche, la stagione dei personalismi e delle divisioni va archiviata: ripeto, la destra ha subito una batosta ma non è né sconfitta, né isolata in Europa».
Il nuovo Ulivo di cui Letta si propone come federatore può nascere dal «modello Bologna» con cui Lepore ha stravinto? Crede sia utile a questo progetto la nascita di una nuova forza di centro che aggreghi le varie forze lib-dem?
«Già alle regionali di un anno e mezzo fa ci presentammo con un centrosinistra largo e civico, col quale ora governiamo in Regione (peraltro io a Bologna città presi il 65% col 70% di votanti e senza il M5s). Teniamo insieme la sinistra di Elly Schlein fino ad Italia Viva e Azione, passando per i Verdi e in dialogo costruttivo col M5s. Sia a Bologna che a Ravenna è stato fatto un ulteriore passo avanti includendo il M5s. Ma di fronte ad una destra che svolta verso Meloni, dunque sempre più sovranista e sempre meno europeista, si apre un grande spazio per noi di dialogo con tanti moderati che verso quella destra non ci andranno mai».
Serviranno le primarie per scegliere il candidato premier?
«Costruiamo un progetto nuovo e a quel punto decideremo anche come individuare una leadership coerente e all’altezza della sfida».
Salvini strapperà? Draghi lo vede sul Colle o sarebbe meglio restasse premier?
«Salvini ultimamente fa tutto da solo: strappa e ricuce ogni giorno. Abbiamo la possibilità di realizzare il più grande piano di investimenti dal Secondo dopoguerra: continuiamo a pensare al Paese, non ai destini personali o dei partiti. Chi pensa di barattare il Quirinale col voto anticipato sbaglia sia sul Capo dello Stato che sul bene dell’Italia».
10 ottobre 2021 (modifica il 10 ottobre 2021 | 07:17)
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Claudio Bozza , 2021-10-10 05:17:55
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