Un mare di farmaci, nei fiumi. Alcuni anche a livelli potenzialmente pericolosi. Sono questi, in estrema sintesi, i risultati che arrivano da un ampio studio che ha monitorato la presenza di decine di farmaci nei più importanti fiumi del mondo: Tamigi, Mekong, Mississippi, Tigri, Danubio, Tevere. Per un totale di oltre 258 fiumi in più di cento Paesi di tutto il mondo. Qui i ricercatori hanno trovato di tutto, o meglio quello che hanno cercato: caffeina, paracetamolo, metformina, naproxene. Stimolanti, analgesici, antidepressivi, antibiotici: sostanze che raccontano lo stato di salute e i consumi locali, ma anche le pratiche di smaltimento e le condizioni socioeconomiche dei diversi Paesi.
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Le indagini sui campioni prelevati in giro per il mondo, spiega il team internazionale guidato dall’Università di York che ha condotto le analisi sottolineando il carattere globale dello studio pubblicato su Pnas, non si limitano a snocciolare le concentrazioni delle sostanze cercate (61 in tutto). Gli scienziati hanno anche cercato di capire se esistessero delle correlazioni tra quanto osservato durante le campagne di campionamento e le condizioni socioeconomiche dei Paesi analizzati. E associazioni ce ne sono, eccome.
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I risultati del progetto mostrano che la frequenza delle sostanze ricercate è piuttosto variabile: alcune sono frequentissime (come la carbamazepina (usati per la cura di epilessia), la metformina (diabete) e caffeina; altre piuttosto rare (come la fluoxetina e l’itraconazolo, un antidepressivo e un antimicotico). E alcune zone sono più inquinate di altre, ma in tutte praticamente è possibile rivelare traccia di almeno una delle sostanze ricercate, ad eccezione di alcuni siti in Islanda e di un villaggio in Venezuela, precisano gli autori.
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Le zone più contaminate sono in Africa e in Asia, in particolare in Etiopia, Tunisia, Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Nigeria, Pakistan, India, Armenia e Cina. Molti tra i siti più inquinati erano di nuova osservazione, finora poco studiati, in Paesi a basso e medio reddito. E ancora: l’inquinamento farmaceutico delle acque era associato alla cittadinanza, all’età media del Paese, al tasso di disoccupazione e a quello di povertà, alla scarsa qualità dei sistemi per la gestione dei rifiuti e delle acque reflue e alla presenza di siti produttivi di farmaci.
Anche il tipo di sostanze presenti è risultato diverso a seconda del reddito dei Paesi: per esempio analgesici e antibiotici sono più presenti nei Paesi a basso e medio reddito, mentre qui lo sono meno anti-iperglicemici e antidepressivi. Alcuni farmaci sono esclusivi solo di alcune aree, come l’artemisinina (un antimalarico) in Africa, o l’oseltamivir (un antivirale) in Asia.
Infine, circa un quarto dei siti analizzati aveva almeno una della sostanze ricercate a livelli “superiori di quelli considerati sicuri per gli organismi acquatici o che destano preoccupazione in termini di selezione per resistenza antimicrobica”, scrivono gli autori. Esempi sono propranololo (un beta bloccante), sulfametossazolo (un sulfamidico antimicrobico) e la loratadina (un antistaminico).
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-02-15 15:54:34 ,
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