“Vergogna, vergogna. Assassini, dovete parlare”. Quando alle 19.30 in punto, dopo 8 ore di camera di consiglio, il presidente della corte d’Assise del tribunale di Cassino, Massimo Capurso, legge il dispositivo della sentenza con cui sono stati assolti tutti gli imputati nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone, trascorrono pochi secondi e poi in aula si levano le urla dei cittadini di Arce che negli ultimi 21 anni hanno chiesto, insieme ai familiari della vittima, verità e giustizia.
“L’hanno uccisa una seconda volta “, ripetono. L’ex maresciallo Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco si abbracciano, ed esultano pure difensori e consulenti. I tre sono stati assolti per insufficienza di prove e un’assoluzione piena è stata ottenuta pure dai carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.
La delusione è stampata sul volto dei parenti della diciottenne uccisa ad Arce, in provincia di Frosinone, il primo giugno 2001, ma anche dello stesso procuratore capo, Luciano d’Emmanuele, che attende le motivazioni della sentenza entro 90 giorni, ma già preannuncia appello. Anche Valerio e Marina Vannini, i genitori di Marco, il 19enne ucciso sette anni fa a Ladispoli nella dimora della fidanzata, si erano recati a Cassino per dare sostegno a Consuelo Mollicone, sorella di Serena. Papà Guglielmo, dopo aver lottato per far proseguire le indagini, è deceduto invece due anni fa e si è risparmiato quell’ulteriore delusione per una verità ancora lontana.
“Abbiamo sempre detto che eravamo innocenti”
“Ho sempre detto che eravamo innocenti “, dice Franco Mottola. “È uscita la verità”, gli fa eco il figlio Marco. “Adesso più di qualcuno ci dovrà chiedere scusa”, specifica il loro avvocato, Francesco Germani. Gli inquirenti hanno raccolto tantissimi indizi, che la Corte d’Assise ieri non ha ritenuto sufficienti per condannare gli imputati. La gente di Arce non lo accetta. Urla contro l’ex maresciallo anche fuori dal tribunale e Mottola evita l’aggressione solo perché scortato dai carabinieri.
Secondo gli inquirenti, il primo giugno 2001, quando sparì da Arce, Serena si recò nella caserma dell’Arma per recuperare dei libri che aveva lasciato nell’auto di Marco Mottola. A quel punto la ragazza avrebbe discusso con il figlio del maresciallo, che le avrebbe fatto battere con violenza la testa contro la porta di un alloggio in disuso interno alla stazione. Credendo che la ragazza, priva di sensi dopo aver sfondato la porta, fosse morta, i Mottola, sempre secondo gli inquirenti, l’avrebbero portata in un boschetto dove, resisi conto che era ancora viva, l’avrebbero soffocata. Da quel momento sarebbero iniziati i depistaggi.
Il suicidio di Santino Tuzi
Nel 2008 il brigadiere Santino Tuzi disse agli investigatori di aver visto entrare Serena in caserma il giorno della sua scomparsa e di non averla vista uscire. Riaperte le indagini, Tuzi confermò ma poi, per il pm Maria Beatrice Siravo perché pressato dai colleghi, si tolse la vita.
Anche la figlia del brigadiere, Maria Tuzi, non accetta la decisione della corte. Ha inseguito fuori dal palazzo di giustizia l’appuntato Suprano: “Francesco devi parlare, devi dire la verità” gli ha urlato.
Neppure la compatibilità tra il cranio di Serena e la porta sfondata in caserma, unita ai frammenti di quella porta, poi scovati nei suoi capelli, sono stati sufficienti a convincere i giudici. “Ci sono altri carabinieri che non parlano”, aggiunge la figlia del brigadiere Tuzi. Ma a soffrire è anche un’altra vittima di una vicenda così terribile, il carrozziere Carmine Belli, che venne arrestato nel 2003 con l’accusa di essere l’assassino di Serena e che ha passato, da innocente 17 mesi in carcere. “Mi sento uno schifo. Desideravo un po’ di giustizia per Serena e il padre”, dice con le lacrime agli occhi. Belli ricorda ancora quando la polizia lo fermò sul posto di lavoro, a Ceprano: “Quando mi dissero che ero accusato di omicidio non capii più nulla”.
Anche lui ha vissuto un calvario, “senza mai ottenere un risarcimento “, sottolinea il suo legale, Nicodemo Gentile. Tante vittime senza che lo Stato sia riuscito ancora trovare il colpevole.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-07-16 07:28:37 ,roma.repubblica.it