Il successo dell’India non segna la fine della corsa verso il polo sud della Luna, ma migliora la posizione del paese: “Contribuirà certamente al suo status di potenza in ascesa dotata di capacità tecnologica. Quello che accade nello spazio è un riflesso di ciò che accade a livello geopolitico sulla Terra“, sottolinea Cassandra Steer, esperta di diritto e sicurezza spaziale presso l’Australian National University di Canberra. La battuta d’arresto subita dal Roscosmos non rappresenta la fine del programma lunare russo o del ruolo del paese nella nuova competizione lunare. Steer evidenzia che nel ventesimo secolo i sovietici hanno sconfitto gli Stati Uniti in ogni fase della corsa allo spazio, fatta eccezione per l’atterraggio degli astronauti sulla Luna. In futuro, la Russia ha in programma di collaborare con la Cina a una stazione di ricerca lunare.
Negli ultimi dieci anni solo il programma spaziale cinese ha ottenuto successi rilevanti riuscendo a portare dei veicoli spaziali sulla Luna, come nei casi delle missioni Chang’e 3, 4 e 5 nel 2013, 2019 e 2020. Nel 2019, il Chandrayaan-2 indiano e il lander Beresheet di Israele non hanno avuto successo, mentre il lander giapponese Ispace del Giappone si è schiantato lo scorso aprile.
Prima che la Cina effettuasse il suo primo atterraggio, la Luna era stata trascurata per decenni. La Nasa concluse la missione Apollo nel 1972, e l’ultimo allunaggio riuscito risale al 1976 con la missione Luna-24 dell’Urss. Negli ultimi decenni, la Russia ha cercato – con scarsi risultati – di rianimare il suo programma. Il Roscosmos ha in programma le missioni Luna-26 e Luna-27 per il 2027 e il 2029, con l’obiettivo di portare sul suolo lunare un orbiter e un lander più grande. Ma i finanziamenti limitati dovuti alle sanzioni per l’invasione dell’Ucraina rendono probabili dei ritardi, dice Zak. E se a seguito delle indagini sul fallimento di Luna-25 l’agenzia spaziale del paese decidesse di rivedere il suo progetto del sistema di propulsione, potrebbero aggiungersene altri, continua.
Alla Nasa è andata meglio con il programma Artemis, che l’anno scorso ha mandato in orbita attorno alla Luna la missione senza equipaggio Artemis 1 e punta riportare l’uomo sul satellite nel 2026. Ma anche il programma statunitense ha dovuto fare i conti con delle difficoltà: la Nasa intende utilizzare un lander Starship di SpaceX, anche se, come dimostra il volo di prova fallito in aprile, Starship ha ancora molta strada da fare. Più della metà dei 10 satelliti cubesat dispiegati da Artemis 1 ha avuto problemi tecnici o ha perso il contatto con la Terra, compresa la sonda giapponese Omotenashi, che non è riuscita ad atterrare sulla Luna come previsto.
La Nasa si è affidata sempre più spesso a partner commerciali nel tentativo di aumentare la velocità e ridurre il prezzo dell’esplorazione lunare, spostando parte dei costi sulle imprese, anziché sui contribuenti americani. Ma queste aziende sono protagonisti nuovi nella corsa allo spazio.
Nel frattempo, nazioni come India, Giappone e Israele hanno avviato programmi lunari da zero. L’India ha in programma di collaborare con il Giappone per il rover Lunar Polar Exploration, che sarà lanciato non prima del 2026. “Abbiamo fissato in alto l’asticella – ha dichiarato Shri M. Sankaran, direttore del centro satellitare U R Rao dell’Isro, intervenendo alla diretta del Chandrayaan-3 –. Ora cercheremo di portare un uomo nello spazio, di mettere un veicolo spaziale su Venere e di atterrare su Marte. Questi sforzi sono in corso da anni. Il successo di oggi ci ispirerà e ci spronerà ad impegnarci ancora di più per rendere il nostro paese orgoglioso“.
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di Ramin Skibba www.wired.it 2023-08-25 04:40:00 ,