Detto, fatto. L’ultimo totem del grillismo – ossia la contrarietà al finanziamento pubblico dei partiti visto come l’origine di tutti i mali della politica – cade senza quasi colpo ferire dopo otto anni dall’ingresso massiccio in Parlamento con il 25% del 2013. Anzi, quasi alla chetichella.
La parola agli iscritti
Dopo l’ultima assemblea congiunta dei gruppi in cui con onestà il tesoriere Claudio Cominardi ha ammesso che le casse piangono e che va valutato il ricorso al 2 per mille su base volontaria, già lunedì 29 o martedì 30 novembre gli iscritti decideranno sulla piattaforma online SkyVote se il M5s dovrà iscriversi o meno nel registro dei partiti per ottenere la nuova forma di finanziamento introdotta tra le proteste del M5s durante il governo Letta nell’ormai lontano 2013. Pochi, infatti, i giorni a disposizione se si vuole utilizzare lo strumento già alla prossima scadenza della dichiarazione dei redditi: i termini per presentare l’iscrizione scadono il 30 novembre.
Il nodo risorse
Le casse piangono anche perché uno zoccolo duro di parlamentari si rifiuta ancora di dare il contributo mensile (i super ritardatari sarebbero una ventina), ma piangeranno ancora di più in prospettiva dopo il taglio del numero dei parlamentari imposto proprio dal M5s come condizione sine qua non durante le trattative con il Pd per l’avvio del Conte 2. Taglio che, assieme alla riduzione quasi a un terzo del bacino dei voti (l’ultimo sondaggio Winpoll-Il Sole 24 Ore stimava per il M5s un 11% nazionale), ridurrà di molto la platea finanziaria da cui si è attinto in questi anni. «La verità è che con il taglio del numero dei parlamentari ci siamo suicidati», ammettono a taccuini chiusi alcuni esponenti di primo piano del movimento.
In discussione uno degli ultimi tabù
Da qui la fretta e la sostanziale assenza di dibattito, se si eccettuano le voci di alcuni big come l’ex ministro Danilo Toninelli e il presidente della commissione Bilancio del Senato Daniele Pesco («non sembra opportuno utilizzare soldi pubblici in più rispetto a quelli che già utilizziamo»). Ma, certo, toccare uno degli ultimi tabù non è uno scherzo per chi del movimento è parte fondante come il ministro degli Esteri Luigi Di Maio o il presidente della Camera Roberto Fico, che non a caso si tengono alla larga dall’argomento.
La difficile posizione del Garante Grillo
L’aspetto positivo per il presidente Giuseppe Conte è, paradossalmente, la difficile posizione del Garante Beppe Grillo – difensore dei vessilli delle origini – dopo il rinvio a giudizio del figlio Ciro con l’accusa infamante di stupro di gruppo. Posizione che presumibilmente lo terrà per qualche settimana lontano dalle questioni interne al movimento.