«No all’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil». E ancora: «Il M5s non voterà un massiccio aumento delle spese militari, e ognuno si prenderà le sue responsabilità».
Il nodo del 2% del Pil e il neo pacifismo (strumentale?) di Conte
È un Giuseppe Conte “guerrigliero della pace”, quello che tuona da qualche giorno (contro il premier Mario Draghi? contro il ministro penstastellato degli Esteri Luigi Di Maio? contro il Pd di Enrico Letta presunto “alleato”?) e minaccia addirittura la crisi di governo in piena emergenza internazionale per la guerra scatenata dalla Russia di Vladimir Putin contro l’Ucraina. Peccato che l’asticella del 2% del Pil per le spese militari entro il 2024 è stata fissata e sottoscritta dai trenta Paesi della Nato in un vertice del 2014 e confermata da tutti i governi via via succedutisi, compresi quelli presieduti dallo stesso Conte dal 2018 al 2021. E peccato che l’impegno è stato appena riconfermato con un ordine del giorno votato all’unanimità dalla Camera, M5s in testa. E peccato, anche, che le spese per la Difesa sono aumentate gradualmente negli ultimi anni proprio a partire dal governo Conte 2 (dall’1,21% del 2020 all’1,41% del 2021, mentre per il 2022 la spesa si attesterà all’1,54%) e che proprio il Conte 2, con il ministro democratico della Difesa Lorenzo Guerini, ha istituito il Fondo pluriennale degli investimenti della Difesa finanziato con circa 12 miliardi e mezzo con la manovra economica del dicembre 2020 e altrettanto l’anno successivo.
Obiettivo 60-70% di affluenza per la riconferma della leadership del M5s
Chiaro che le improvvise posizioni anti-armamenti dell’ex premier Conte siano almeno in parte strumentali. E puntano a raggranellare il consenso più ampio possibile tra la vasta area “neutralista” della base grillina, nonché a fare nuovi proseliti magari tra gli elettori più di sinistra del Pd che non si riconoscono nella linea ultra atlantista e pro Ucraina del segretario Letta. Perché le votazioni per la riconferma della leadership di Conte sul M5s sono in corso: due giorni, domenica e oggi, lunedì 28 marzo, fino alle 22. Un tempo lunghissimo, insolito per le votazioni on line del movimento, il cui obiettivo è ottenere la massima affluenza. Alle votazioni per le modifiche statutarie necessarie per accedere al finanziamento pubblico del 2 per mille, il 10 e 11 marzo scorsi, hanno partecipato meno del 30% degli oltre 130mila iscritti. Il richiamo di Conte di questi giorni sul tema anti-armamenti caro al M5s delle origini ha proprio questo scopo: raggiungere un’affluenza dignitosa, almeno pari a quella che già lo scorso agosto incoronò Conte presidente: 67% degli iscritti con il 93% di sì. Un’affluenza tra il 60 e il 70%, insomma. I sì sono scontati, essendo Conte candidato unico indicato dal Garante Beppe Grillo.
Il groviglio giuridico e il congelamento dei vertici del M5s
Una volta confermato leader con numeri accettabili, è presumibile che Conte abbassi i toni sul governo. Ma è la stessa votazione che rischia di consegnare al presidente un guscio vuoto. Va ricordato infatti che il Tribunale di Napoli a inizio febbraio ha sospeso tutti i vertici del movimento, e lo stesso statuto votato ad agosto contestualmente alla leadership, in seguito al ricorso di alcuni militanti parternopei esclusi. A rigore l’unico rappresentante legale è al momento il Garante Grillo e lo statuto in vigore, resuscitato dalla sospensiva decisa dai giudici, è quello ante agosto 2021 che prevedeva l’elezione di un comitato direttivo di cinque membri da effettuare sulla piattaforma Rousseau e non sulla nuova piattaforma SkyVote scelta dopo il divorzio da Davide Casaleggio…
Per Conte il rischio di essere confermato un re senza regno
Insomma, sia le votazioni sulle modifiche allo statuto del 10 e 11 marzo sia quelle in corso per la leadership rischiano di non avere legittimazione giuridica. E l’avvocato Lorenzo Borrè, che ha patrocinato la causa di Napoli, ha già annunciato un nuovo ricorso: «Conte rischia di ritrovarsi come a febbraio – preannuncia -. Al 99% ci sarà un altro ricorso, dobbiamo ancora valutare alcuni aspetti di dettaglio ma la volontà c’è e probabilmente questa volta sarà da parte di un numero più cospicuo di tre persone». Conte un re senza regno, e proprio alla vigilia delle comunali di primavera?