Uno studio pubblicato su Current biology ha dimostrato che, se trattati con una terapia retinoide, roditori adulti affetti da malattie genetiche della retina tipiche degli esseri umani hanno un miglioramento significativo della vista
Malattie genetiche della retina
La retina è una membrana trasparente di origine nervosa, che riveste internamente il bulbo oculare e si occupa di tradurre il segnale luminoso in un potenziale elettrico che viene inviato al cervello attraverso il nervo ottico. In particolare, la percezione della luce debole e il trasferimento del segnale al cervello è demandato ai bastoncelli, fotorecettori situati nella parte posteriore dell’occhio e che contengono particolari pigmenti sensibili alla luce. Nello studio i ricercatori si sono concentrati su una malattia genetica che colpisce la retina, l’amaurosi congenita di Leber, che compare in genere durante i primi sei mesi di vita e causa una compromissione grave della vista fino ad arrivare, alle volte, alla cecità. Si tratta della prima causa di cecità infantile ereditaria, generata probabilmente dalla mutazione di alcuni geni che regolano la capacità della retina di percepire la luce. Nello studio, i ricercatori hanno però considerato esemplari di roditori adulti con lo stesso disturbo.
Le possibilità di cura dipendono dall’età
Alcuni studi effettuati su bambini affetti da amaurosi congenita di Leber avevano mostrato che la perdita di vista poteva essere attenuata con un trattamento che prevedeva l’iniezione diretta nell’occhio di retinoidi sintetici. Non era mai stato verificato, però, se la stessa terapia potesse funzionare anche su pazienti adulti. La ragione è che il sistema visivo del cervello si forma e si rafforza durante precise fasi di sviluppo che avvengono nei primi anni di vita. E, se l’occhio non viene esercitato durante questi periodi critici, non è detto che i suoi circuiti visivi possano essere ripristinati e recuperare la loro funzionalità in seguito.
Lo studio
Per verificare se i circuiti visivi del cervello, nei mammiferi, possano essere recuperati anche dopo la fine dello sviluppo, i ricercatori hanno somministrato un retinoide sintetico per sette giorni a roditori adulti nati con una degenerazione retinica dovuta alla malattia di Leber. Già nove giorni dopo il trattamento, hanno notato che il nervo ottico attivava un numero molto maggiore di neuroni della corteccia visiva, e per i successivi 27 giorni il trattamento era riuscito a ripristinare parzialmente la sensibilità alla luce, tanto che i roditori avevano recuperato alcuni tipici comportamenti di orientamento alla luce. In altre parole, il trattamento con la terapia retinoide sembrerebbe funzionare, nel caso dei topi, anche in età adulta. Il risultato, scrivono i ricercatori, lascerebbe ben sperare anche per quanto riguarda gli esseri umani: la finestra critica per la determinazione della funzionalità del sistema visivo potrebbe essere più ampia di quanto si pensasse.
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di Valentina Guglielmo www.wired.it 2022-10-12 14:27:34 ,