Immaginate una minuscola mano robotica fatta di dna e progettata per afferrare saldamente specifici virus contenuti per esempio in un campione di saliva. Sembra fantascienza, e invece è realtà: il microscopico “strumento” è stato infatti messo a punto da un gruppo di ricercatori coordinato da Lifeng Zhou, Brian Cunningham e Xing Wang della University of Illinois di Urbana-Champaign (Stati Uniti).
Lo scopo? Al momento la mano è stata testata in vitro e si è rivelata efficace per scopi diagnostici, per esempio per permettere di riconoscere in modo rapido il Sars-Cov-2 da campioni di saliva, con una sensibilità paragonabile a quella del test Pcr. In futuro, spiegano i ricercatori, la mano robotica potrebbe essere ulteriormente ingegnerizzata anche per altri scopi bio-medici. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Science Robotics.
Come funziona
Gli autori della caccia raccontano di essersi ispirati alla capacità prensile della mano umana e a quella degli artigli degli uccelli. A partire da un unico pezzo di Dna hanno quindi realizzato una nanostruttura costituita da quattro dita, ciascuna con tre articolazioni, esattamente come le dita di una mano, e da un palmo.
Le dita contengono inoltre delle regioni progettate per legarsi a specifici target molecolari, come la proteina spike del Sars-Cov-2. Il palmo può invece essere collegato a superfici o complessi molecolari più grandi, adattabili ai requisiti delle diverse possibili applicazioni.
Infine, la mano robotica è accoppiata a un sensore fluorescente che si attiva quando il virus viene afferrato.
Origami di dna
L’idea di creare delle nanostrutture fatte di dna non è nuova di per sé, si tratta di una tecnica nota con il nome di dna origami: “Usiamo il Dna per le sue proprietà strutturali. È resistente, flessibile e programmabile”, racconta Wang. In passato questa tecnica era già stata utilizzata per creare delle sorte di “gabbie” per virus di grandi dimensioni. “Tuttavia – prosegue il ricercatore –, anche nel campo del Dna origami, [la mano robotica appena messa a punto, nda] è una novità in termini di principio di progettazione. Pieghiamo un lungo filamento di Dna avanti e indietro per creare tutti gli elementi, sia quelli statici che quelli mobili, in un unico passaggio”.
I possibili sviluppi futuri
Oltre ai fini diagnostici, spiegano ancora i ricercatori, la mini mano robotica potrebbe essere utilizzata in futuro per impedire a specifici virus di infettare le cellule dei loro ospiti. Dagli esperimenti condotti in vitro, infatti, è emerso che aggiungere le strutture fatte di Dna a colture cellulari esposte al Sars-Cov-2 ostacola l’ingresso del virus all’interno delle cellule. Questo perché, come anticipato, la mano robotica blocca sostanzialmente la proteina spike del virus, impedendole di legarsi ai recettori della cellula ospite per poi infettarla.
Naturalmente saranno necessari molti altri studi prima che questo sistema trovi eventualmente la sua strada verso qualche tipo di applicazione clinica. Certamente si tratta di una tecnologia molto flessibile, che potrebbe essere adattata per esempio al riconoscimento di altri virus, come quello dell’Hiv o dell’epatite B, spiegano i ricercatori. “Questo approccio – conclude Wang – ha un potenziale maggiore rispetto ai pochi esempi che abbiamo dimostrato in questo lavoro”.