DOHA – Alla conferenza stampa più importante della sua carriera, prima della semifinale del Mondiale contro la Francia campione del mondo, Walid Regragui, che in Francia è nato 47 anni fa, si è presentato come il vero nuovo protagonista del Mondiale, al quale era arrivato da perfetto sconosciuto per la grande maggioranza degli appassionati di calcio di tutto il mondo. E il ct del Marocco, in 38 minuti di quasi monologo senza una sola banalità o una frase fatta, si è preso la scena nella sola maniera possibile: dicendo la verità anche quando ha affrontato i temi più scabrosi. Questo è il riassunto delle sue parole
La Coppa del mondo
“La vogliamo. Abbiamo molta ambizione. Siamo arrivati fin qui e adesso vogliamo la finale del Mondiale. Abbiamo ancora fame, i giocatori hanno ancora fame. Ma soprattutto vogliamo mettere l’Africa sul tetto del mondo”.
La fatica
“Lo stato d’animo è quello che conta, altro che fatica. Abbiamo fiducia e non siamo stanchi, non è pensabile di essere stanchi in una semifinale di un Mondiale. La stanchezza non è ammessa. Abbiamo corso come pazzi finora e continueremo a farlo, state tranquilli”.
I tifosi
“Che cos’è un tifoso marocchino lo hanno ormai capito tutti, vedendo le immagini da tutte le parti del mondo: trasuda passione, come la squadra. E chi è arrivato qui ha fatto grandi sacrifici per esserci. Come minimo saranno ventimila e giocheremo in abitazione? Li sentiremo, ci hanno aiutato e ci aiuteranno”.
Gli infortunati
“Abbiamo tanti infortunati, ma nessuno è già fuori. Come ho detto dalla prima partita, c’è uno staff medico e fino all’ultimo momento cercherà di mettere a disposizione tutti. Io posso solo ripetere una cosa: giocherà chi è al 100%”.
Una mentalità cambiata
“Cambiare mentalità: era il mio primo obiettivo, siamo venuti qui anche per questo. Basta accontentarsi, nessuna squadra africana lo deve più fare. L’ho detto ai giocatori: se siamo tra le prime quattro del mondo, un motivo c’è. Giochiamo contro i più grandi, però abbiamo avuto probabilmente il percorso più difficile”.
Il duello Mbappé-Hakimi
“Achraf conosce perfettamente Mbappé non c’è bisogno di studiare mosse particolari. Come sempre giocheremo collettivamente, anche perché sfortunatamente per noi non c’è solo Mbappé. E comunque Hakimi è uno tra i migliori del mondo nel suo ruolo”.
Il segreto del gruppo
“Ce n’è uno solo: lo spirito di squadra, è la cosa più importante di tutte nel calcio. Si vince con quello e naturalmente con i giocatori, il resto sono solo discorsi”.
Nato in Francia
“Io ho la doppia nazionalità, sono nato in Francia. Ma non sono turbato o condizionato da queste cose. Può riguardare di più i miei familiari, i miei amici, io faccio l’allenatore e devo portare la mia squadra a vincere. Il messaggio è sempre lo stesso: si gioca per il Marocco. Poi, comunque finisca, si festeggerà, credo che andranno tutti insieme a fare festa sugli Champs Elysées”.
La stampa europea
“Credo che alla stampa europea abbiamo dato un po’ fastidio, perché non è più come prima. Chi si era preparato alla solita etichetta, quella degli africani che giocano bene ma poi tornano a abitazione, ha dovuto ricredersi, quel tempo è finito. Noi vogliamo vincere il Mondiale, il possesso palla non dà punti. Vogliamo vincere per tutti i Paesi in via di sviluppo calcistico”.
I complimenti
“Mi hanno fatto e mi fanno piacere, ma sono soprattutto i giocatori a meritarli. Io ho saputo creare velocemente un gruppo e ho riflettuto su come vincere. Ho pensato che fosse giusto portare qui le famiglie per creare le condizioni psicologiche migliori. Poi c’è la voglia di giocare per il Marocco. La squadra nazionale è diversa da un club, bisogna tenerne conto”
La tattica
“Tatticamente abbiamo cercato di mettere in campo ciò che ci avrebbe fatto essere il più possibile efficaci nel più breve tempo possibile, il Mondiale è una competizione breve, non ti aspetta. Nello staff siamo tutti marocchini, ho inserito anche un preparatore spagnolo, perché la preparazione spagnola mi piace, si lavora molto sul pallone”.
Il futuro e le accademie
“La cosa fondamentale è avere creato l’accademia in Marocco, che fa parte del progetto del re, il ruolo di sua maestà è essenziale: gli stadi, i nuovi campi di allenamento sono serviti per creare forze vive nel Paese. Ha funzionato”.
L’occasione da non perdere
“Siamo concentrati solo su questa semifinale. Noi siamo qui per concentrarci. Siamo pronti a tutto, potrebbe non capitarci più un’occasione così. Il momento è ora”.
Le bandiere
“Mi chiedete se molti hanno avuto difficoltà a capire i giocatori che vengono dalla diaspora e io invece no, perché sono come loro? Vi rispondo che queste cose contano fino a un certo punto. Sono cresciuto in un quartiere popolare, ma non mi va questa retorica. Sì, è più difficile sfondare partendo dalla banlieue, abbiamo avuto due volte più fame, ma non è questo il punto, non basta. Io sono arrivato qui con le mie competenze, i miei diplomi, il mio curriculum”.
Il mondo arabo
“Giochiamo per il Marocco, per l’Africa, ma anche per i nostri fratelli del Maghreb: tunisini, algerini, libici, abbiamo l’opportunità di portare l’Africa in alto”.
Il calcio universale
“Il calcio è bello perché a fine partita ognuno ha il suo giudizio tecnico. Ma la mia idea del calcio è che unisca, che lanci dei messaggi: non deve succedere quello che è successo a Bruxelles, gli incidenti. Il calcio è una festa”.
La cultura del Paese
“Qui rappresentiamo il Marocco e siamo orgogliosi di avere fatto capire al mondo il nostro popolo, la nostra cultura, il nostro amore per le nostre madri e per la famiglia. E naturalmente il nostro calcio, la nostra grande passione per questo sport”.
Il regalo ai bambini
“Se possiamo fare sognare dei bambini in tutto il mondo, è davvero un sogno anche per noi. Il nostro è un Paese magnifico che ha sempre mostrato rispetto per tutti i popoli e tutte le religioni. Se c’è una cosa dei marocchini che è proprio inconfondibilmente loro, è la capacità di dare agli altri, senza aspettarsi niente in cambio. Per qualcuno è un difetto, per me è una qualità”.
Il mercato
“Quando giochi un Mondiale, ti guardano tutti ed è inevitabile che i giocatori del Marocco siano molto osservati in questo momento. Ma adesso siamo concentrati solo su questo torneo, poi ci saranno i procuratori. Adesso nessuno deve distrarsi dall’obiettivo”.