di Viola Rita
Dopo aver riscaldato i campioni a 850 °C, per favorire il rilascio dei gas, il sistema Tls è entrato in funzione e ha rilevato la presenza degli isotopi di carbonio. In natura il carbonio ha due isotopi stabili, il carbonio 12 e il 13, e studiarne la quantità può aiutare a capire meglio la storia di un materiale. In questo caso in alcuni siti, la concentrazione di carbonio 12 era maggiore rispetto a quella rilevata in atmosfera e in altri punti e più alta anche rispetto agli standard di riferimento relativi a materiali terrestri.
Se questo risultato fosse stato ottenuto con materiali sulla Terra, sarebbe stato inequivocabile e legato a processi biologici, come spiega Christopher House, che ha guidato il lavoro, dunque a vita. Su Marte, però, non si possono ancora escludere altri fenomeni. Le ipotesi sono in tutto tre.
La prima, quella biologica, prevede l’azione, in passato, di batteri sulla superficie del Pianeta rosso, che avrebbero rilasciato metano (formato da un atomo di carbonio e 4 atomi di idrogeno) in atmosfera. La luce ultravioletta avrebbe poi convertito il gas in molecole più grandi e complesse contenenti carbonio.
La seconda possibilità non richiede la presenza di microorganismi e indica un’interazione in atmosfera fra luce ultravioletta e biossido di carbonio, fenomeno alla base della formazione di molecole ricche di carbonio poi rintracciate sulla superficie marziana.
La terza ipotesi, sempre non biologica, si basa sull’idea di una connessione fra il Sistema Solare e una nube ricca di carbonio, un evento raro che sarebbe avvenuto centinaia di milioni di anni fa.
Queste tre spiegazioni sono frutto di teorie e modelli che per ora aderiscono bene alle informazioni che possediamo, chiarisce l’autore House: per capire quale strada è più probabile abbiamo bisogno di una quantità maggiore di dati. Il risultato è importante, spiegano gli autori, anche perché può guidare il team di Perseverance a capire quali analisi condurre per affinare gli studi e confermare questa firma del carbonio. Insomma, non resta che attendere, e siamo sulla buona strada.
Source link
www.wired.it
2022-01-18 15:31:36