Per garantire la protezione dalle radiazioni bisognerebbe modificare tutte le cellule del corpo umano, concentrandosi in particolare sull’epidermide. Al momento gli scienziati stanno cercando di individuare nuovi geni da introdurre nel Dna e stanno conducendo studi in provetta, su cellule umane, per testarne l’efficacia. Se questi studi avranno successo si passerà agli studi clinici, per cui però dovremo aspettare ancora diversi anni.
“Potremmo aggiungere alle nostre cellule dei geni che conferiscono una resistenza alle radiazioni. Geni di questo tipo esistono in natura, e sono caratteristici di organismi in grado di sopravvivere in condizioni estreme, come i tardigradi, minuscoli invertebrati che sopravvivono anche se esposti a una dose di radiazioni 1.000 volte superiore a quella terrestre. Oppure possiamo aumentare l’espressione di geni presenti nel corpo umano e che proteggono le cellule dal cancro, come TP53”, spiega Mason.
Le radiazioni potrebbero però non essere l’unico pericolo per il nostro organismo durante un viaggio spaziale. Mason e colleghi stanno anche studiando la risposta delle cellule e dei geni ai lunghi viaggi spaziali. I dati raccolti nel corso delle missioni sulla Stazione spaziale internazionale negli ultimi anni suggeriscono che nel tempo i telomeri (le regioni terminali dei cromosomi) delle cellule degli astronauti diventano più lunghi e che l’espressione di alcuni geni, come quelli coinvolti nella funzione del sistema immunitario o nella riparazione del Dna, cambia. Forse saranno anche necessarie modifiche genetiche che proteggano da questi cambiamenti.
I prossimi 500 anni
Mason e colleghi stanno studiando il genoma degli organismi estremofili (esseri che vivono in condizioni estreme come temperature elevatissime o ambienti particolarmente acidi) presenti sulla Terra in previsione di viaggi ancora più lunghi, verso pianeti ancora più lontani.
Secondo Mason infatti il viaggio su Marte non dovrebbe essere considerato un punto di arrivo, ma un punto di partenza per l’esplorazione di nuovi mondi, allo scopo di evitare l’estinzione della vita e dell’umanità. Nel suo libro The Next 500 Years lo scienziato propone un piano della durata di 500 anni che consiste nel reingegnerizzare la genetica umana per permettere la sopravvivenza della nostra specie su altri pianeti e su altri sistemi solari. Un progetto a lunghissimo termine che, secondo lo scienziato, è nostro dovere intraprendere in quanto unica specie consapevole del fatto che, prima o poi, la vita sulla Terra finirà.
Mason considera che entro il 2150 potremmo essere capaci di espandere il genoma umano per renderlo resistente agli ambienti estremi, usando le tecniche citate precedentemente, e che entro il 2300-2400 potremo inviare gli uomini in esplorazione verso un nuovo sole.
A partire dalle tecniche di ingegneria genetica e dalle lezioni apprese da virus e batteri negli ultimi secoli, lo scienziato immagina il giorno in cui diventeremo una specie interstellare in grado di esplorazione nuovi mondi e, perché no, di espanderci fino a creare società simili a quelle raccontate in Guerre Stellari o a quella dell’Impero immaginato da Isaac Asimov nel Ciclo delle Fondazioni.
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di Camilla De Fazio www.wired.it 2023-03-24 15:30:00 ,