di Viola Rita
Curiosity colpisce ancora. Mentre testava una nuova tecnica per trovare tracce di vita aliena su Marte, il rover si è imsconfitto in molecole organiche finora mai scovate, che potrebbero fornire qualche primo indizio. Dopo aver prelevato un campione di suolo dalle Dune di Bagnold, nel cratere di Gale, gli scienziati hanno analizzato il materiale con un metodo basato sulla chimica umida. Le prove, che probabilmente non sarebbero state scoperte con un’analisi più tradizionale, sono descritte in uno studio su Nature Astronomy.
La scoperta: due nuove molecole
Gli autori non hanno individuato amminoacidi – le unità base che compongono le proteine – ma la presenza di acido benzoico e ammoniaca, molecole organiche che oggi entrano nella lista di quelle scoperte su Marte allungando l’inventario. “Questo esperimento è certamente di successo – spiega in un’intervista su Inverse Maëva Millan, che ha coordinato il lavoro, ricercatrice al Goddard Spaceflight Center della Nasa -, anche se non abbiamo trovato quello che cercavamo, cioè le firme biologiche, abbiamo dimostrato che questa tecnica è davvero promettente”. Non è in assoluto la prima volta che Curiosity rileva tracce organiche, ma gli scienziati in questo caso non si aspettavano un suolo ricco di questi componenti, dato che la superficie è stata a lungo colpita da radiazioni ionizzanti. Le sostanze identificate, anche se non forniscono una prova di vita passata, ci regalano indizi utili per comprendere da dove vengono e per studiare la presenza di composti a loro affini. L’obiettivo finale è analizzare e trovare delle biofirme, che sono indicatori di possibili forme di vita passata su Marte.
Usare la chimica umida
Su Marte dal 2012, nel cratere Gale, nel marzo 2017 Curiosity ha prelevato campioni dalle Dune di Bagnold, una distesa di dune di sabbia che si estende per decine di chilometri. Nel dicembre 2017 il rover ha trasferito questi materiali nello strumento Sam (Sample Analisys at Mars). Lo strumento cerca e misura sostanze organiche ed elementi leggeri che potrebbero essere associati alla presenza di vita passata sul pianeta rosso.
Sam è dotato di ben 74 “tazze” per contenere ed esaminare i campioni, di cui 65 sono vuote e mantengono riscaldato il materiale per studiarlo, e altre 9 includono solventi per analizzare i campioni in maniera differente, come avvenuto in questo caso. Il metodo impiegato, basato sulla chimica umida, si serve di una particolare miscela chimica. Una volta prelevato, il frammento viene inserito in questa miscela che consente di rilevare vari componenti, fra cui le nuove molecole organiche.
La scoperta è in parte frutto di un caso fortunato: nel frattempo, infatti, il rover aveva subito un leggero malfunzionamento, con la rottura di un trapano, e anche per questo gli scienziati hanno deciso di testare la nuova tecnica. Anche il rover Perseverance, successore di Curiosity, partito alla fine di luglio 2020, sta cercando elementi che possano provare la presenza di vita antica, ma non possiede questo strumento basato sulla chimica umida. Questo verrà invece incluso in alcune missioni future, fra cui Rosalind Franklin (dell’Agenzia spaziale europea e della russa Roscosmos), citata dagli autori nel lavoro, il cui lancio è previsto nel 2022 all’interno di Exomars 2022. La missione scaverà fino a 2 metri di profondità sulla superficie del pianeta rosso. Ma potrà utilizzare la chimica umida anche Dragonfly Mission della Nasa, un drone che verrà lanciato nel 2036 sulla superficie di Titano, la più grande luna di Saturno.
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www.wired.it
2021-11-03 13:30:00