Dopo un viaggio di 6.000 chilometri lungo il fiume Volga per raccontare il Paese governato da Putin, Marzio Mian racconta di un popolo “che continua a vivere in una apparente normalità, per cui la guerra è solo un rumore di fondo, come quello del frigorifero”. Ospite del Wired Next Fest Trentino il giornalista descrive la Russia come “ancora alla studio di sé stessa dopo il crollo dell’Unione Sovietica, con un vuoto che ha cercato di riempire per l’intero decennio degli anni novanta, un decennio di fame e violenza che ha poi prodotto Putin”. Secondo Marzo Mian, però, “è stata poi la religione ortodossa che, riuscendo a incarnare una nuova ideologia, ha colmato quel vuoto e spinto il Paese verso un conflitto di civiltà contro l’Occidente. Forse ancora più dello stesso Putin”
Il suo viaggio “azzardato” compiuto assieme al fotoreporter Alessandro Cosmelli gli ha permesso di raccontare “cosa vuol dire oggi essere russi” nel libro Volga Blues. “Ho incontrato un ampio spettro di persone tra monaci, religiosi e vedove di soldati morti al fronte da cui ho capito che l’arruolamento è un visto come un ammortizzatore sociale – spiega Marzo G. Mian – i risarcimenti in caso di morte sono talmente alti che possono cambiare il destino di un’intera famiglia”.
Lungo il fiume da sempre e tuttora fulcro della civiltà russa, Mian ha ascoltato tante posizioni diverse, tra cui anche quelle di attivisti e pacifisti, in un Paese che l’altra voce sul palco, quella di Nona Mikhelidze, ritiene “senza un’identità definita, con un popolo che non si è mai riconciliato con sé stesso e le oltre 190 etnie che lo compongono. I russi mostrano sempre una grande diffidenza e una totale mancanza di empatia, non solo verso gli ucraini, ma anche tra loro”.
Di ritorno dalla sua terza visita alla città di Kyiv, la responsabile di studio dell’Istituto Affari internazionali descrive uno scenario di “speranza e disperazione, resilienza e stanchezza, dove i bambini non reagiscono più a spari e missili e non sono più abituati al silenzio”. Interrogandosi sul futuro del conflitto, Mikhelidze spiega poi che “se vince Kamala Harris, si proseguirà con la politica di Biden che ha sempre mirato alla stabilizzazione del fronte, convinto che questo possa costringere le parti a sedersi a un tavolo a negoziare”. “Ma la Russia segue tutta un’altra logica – aggiunge -. Putin è ormai in una spirale in cui vede la guerra come unico modo per mantenere il potere. Infatti in Ucraina le persone si aspettano ancora almeno altri 3 o 4 anni di guerra”.
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di Marta Abbà www.wired.it 2024-09-28 12:25:35 ,