“Guardare eticamente all’innovazione significa porsi le giuste domande affinché l’innovazione stessa possa diventare una effettiva fonte di sviluppo, in cui l’essere umano sia al centro”, ha esordito Paolo Benanti della Pontificia università Gregoriana. “La spinta d’innovazione è una spinta che porta a sperimentare”, ha aggiunto, “ma poi la tecnologia va lasciata sedimentare per fare sì che risponda al meglio alle necessità umane”. Benanti ha anche sottolineato come, a proposito di frontiera high tech della fabbricazione, stampa 3d e robotica aprano in realtà dibattiti globali riguardo alla possibilità nuovo colonialismo, spostando il piano della questione da quello operativo verso la politica. “Il possibile problema si avrà se la categoria della creatività diventerà appannaggio di realtà private: occorre tenere sempre presidiato il tema della regolamentazione, altrimenti rischieremmo di avere solo una pia illusione di progresso e di democratizzazione attraverso la tecnologia”.
“La robotica oggi procede anzitutto lungo 4 direzioni di sviluppo”, ha poi sintetizzato Massimo Canducci di Engineering: “la prima è la classica applicazione industriale, poi c’è il filone della abitazione, dove avremo automatismi sempre più sofisticati”. La terza direzione è quella dei veicoli autonomi per trasporto di persone e infine c’è l’applicazione all’essere umano, anche attraverso nuove protesi complesse che consentono di superare le proprie disabilità. “Tutto questo sconfina anche nell’etica”, ha aggiunto, “ma in ogni caso è utile tenere presente che processo di innovazione funziona bene se unisce, per esempio se fare stare insieme dimensione analogica e digitale, e poi se contiene in sé una componente di creatività”.
Sul fronte specifico delle innovazioni del costruito ha fatto il punto della situazione Maria Pia Fanti del Politecnico di Bari: “si punta alla sostenibilità e al corretto riutilizzo dei materiali anche attraverso una visione della sua storia. Per fare questo è necessaria una sinergia tra tecniche abilitanti diverse tra cui intelligenza artificiale, 5G, blockchain e non solo”. E se quello che costruiamo in città è fatto per durare, è indispensabile che anche edifici, ponti e quant’altro in 3d perdurino nel tempo. “La città cambierà solo in parte per effetto della stampa 3d”, ha aggiunto Fanti, “mentre cambierà soprattutto per l’intelligenza che si porterà dietro, in ottica smart city”. Alla domanda ancora più generale se l’ingresso della stampa 3d nell’edilizia cambierà il modo stesso di fare edilizia ha fornito invece una risposta Giuseppe Fallacara del Politecnico di Bari: “il ruolo dell’architetto cambierà, anzitutto perché sarà chiamato a gestire anche la fase costruttiva grazie alle tecnologie. Verrà superata la tradizionale divisione tra chi progetta e chi costruisce, ma ci sarà un’integrazione delle due attività”. Una curiosità che porta con sé una questione profonda e che riguarda, paradossalmente, il fatto che i sistemi della stampa 3d delle costruzioni segnino di fatto un ritorno al sistema tradizionale. “Anche quando la tecnica costruttiva è avanzata si torna a una sedimentazione layer dopo layer, in compressione”, ha spiegato. “Stiamo tornando a una tecnica costruttiva che fa parte della storia architettonica del passato, che coincide con ciò che si trova nei nostri centri storici”.
Il testimone passa a Prato
Come annunciato in chiusura della prima edizione della Digital Week materana, e come previsto dall’obiettivo di mettere in dialogo e relazione le Case delle tecnologie emergenti distribuite in tutta Italia, la abitazione di Matera ha passato il testimone alla sua omologa di Prato. Alla Cte Prisma (acronimo di PRato Industrial SMart Accelerator) si terrà infatti, nel 2023, la seconda edizione della Digital Week, con una vocazione legata al distretto tessile toscano.
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di Gianluca Dotti www.wired.it 2022-07-01 13:30:00 ,