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Giorgia Meloni è tornata di lotta dopo esser stata di governo sferzando il “caminetto” europeo che ha deciso il pacchetto di mischia per le prossime nomine comunitarie nella comunicazione alla Camera prima del Consiglio Europeo che le dovrebbe ratificare.
“Nelle nomine non si sta tenendo conto dei voti dei cittadini”, dice Meloni, contestando più dei nomi la logica sulla cui base il tridente von der Leyen-Costa-Kallas è stato prescelto. E ciononostante, Partito Popolare Europeo, Partito Socialista Europeo e Renew Europe hanno la maggioranza. I Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) sono il terzo partito, ricorda la premier. Ma giusto oggi il gruppo non ha potuto fare la riunione di costituzione per le tensioni dentro Diritto e Giustizia, il partito polacco assieme a Fratelli d’Italia centrale nel gruppo.
L’Italia, forse, avrà una vicepresidenza di peso alla Commissione Europea. Ma Meloni, vincitrice alle urne, rischia di essere punita dai troppi “ma anche”.
Le ambiguità di Meloni sull’Europa
La sua Italia è stata ovunque e in nessun luogo, desiderosa di coprire ogni terreno. Con il risultato di non presidiarne nessuno. Apertamente pro-Ucraina, ma distaccata prima delle Europee sull’innalzamento del fronte di sostegno a Kiev. Allineata al Patto di Stabilità rientrante, senza toccare palla nelle scelte decisive, ma capace di un fallo di reazione sul Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes). Meloni ha presentato in campagna elettorale la volontà…
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di Andrea Muratore
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2024-06-26 15:53:00 ,