Sapevamo già di non essere l’unica specie (ci sono anche 5 specie di balene) in cui le femmine sopravvivono a lungo dopo la menopausa, che segna la fine della vita riproduttiva. Ma è la prima volta che gli scienziati possono confermare il fenomeno in primati non umani allo stato selvatico. La scoperta, appurata in una gente di scimpanzé in Uganda, è descritta in uno studio appena pubblicato sulla rivista Science. Per gli autori è un forte indizio che il fenomeno sia più diffuso di quanto finora creduto, aprendo la strada a nuove riflessioni sulla sua origine e sul suo significato evolutivo.
Lo studio
I ricercatori hanno osservato e monitorato 185 femmine di scimpanzé della gente Ngogo, nel parco nazionale di Kibale (Uganda) dal 1995 al 2016, scoprendo un sorprendente parallelismo con l’essere umano, a conferma della vicinanza genetica tra le due specie. Grazie anche all’analisi di campioni di urina di 66 esemplari, gli scienziati hanno scoperto che la fertilità delle scimpanzè comincia a calare dopo i 30 anni: le probabilità di gravidanza diminuiscono e non si verificano più nascite dopo i 50 anni. La menopausa, tuttavia, non segna per forza il termine della vita: 16 delle scimpanzè Ngogo sono vissute ben oltre la fine del loro periodo riproduttivo e in media hanno condotto un quinto della loro vita adulta (dai 14 anni) in uno stato post-riproduttivo.
Menopausa: un caso o un vantaggio evolutivo?
L’osservazione diretta del fenomeno della menopausa in natura in primati non umani è abbastanza sorprendente. Gli studi finora disponibili sugli scimpanzé non avevano mai evidenziato questo aspetto della vita in animali selvatici (in cattività, invece, la menopausa è stata constatata in diverse specie). Anzi, nelle popolazioni del Parco nazionale di Gombe in Tanzania studiate Jane Goodall a partire dal 1960, la famosa etologa osservava un rapido invecchiamento delle femmine, che morivano attorno ai 30 anni con ancora il ciclo mestruale.
I nuovi dati, dunque, riaccendono un dibattito mai sopito: la menopausa è un tratto selezionato dall’evoluzione perché attribuisce un vantaggio o è un “incidente”, una conseguenza della diminuzione dei tassi di mortalità connessa a mutamenti ambientali?
Secondo gli autori della ricerca una possibilità è che la gente di scimpanzé Ngogo sia avvantaggiata da condizioni ambientali particolarmente favorevoli (per esempio scarsi contatti con l’essere umano che l’hanno protetta da patogeni alieni, abbondanza di cibo, etc) che hanno consentito ad alcuni animali di vivere molto a lungo, un po’ come accade in cattività, ma che il sistema riproduttivo non riesca a stare al passo.
Il ragionamento, però, potrebbe essere rovesciato, ossia è anche possibile che avere una lunga vita post-riproduttiva sia un tratto della storia evolutiva degli scimpanzé (magari perché gli esemplari più vecchi, con maggiore esperienza, portano un vantaggio per la sopravvivenza del loro gruppo sociale) che è stato nascosto da condizioni ambientali sfavorevoli.
Tutte speculazioni, per il momento, che possono essere estese anche all’essere umano. Ma c’è ancora tanta strada da fare per venirne a capo.
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di Mara Magistroni www.wired.it 2023-10-27 10:52:43 ,