Messina Denaro, a Metropolis De Lucia attacca Nordio: “Senza intercettazioni le indagini per mafia non si possono fare”

Messina Denaro, a Metropolis De Lucia attacca Nordio: “Senza intercettazioni le indagini per mafia non si possono fare”


Nell’intervista di Gerardo Greco a Metropolis, il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia attacca il ministro della giustizia Carlo Nordio sulle intercettazioni: “I boss mafiosi parlano al telefono eccome. Senza le intercettazioni non ci sarebbero le indagini sulla mafia”

Come sta?
“Bene, sono giornate complicate difficile organizzare lavoro. Stiamo cercando di fare un lavoro trasparente”.

E’ stato trovato un secondo covo di Messina Denaro?

“Non possiamo dirlo con certezza. Grazie alle indagini è stata trovata una stanza segreta dentro la quale ci sono degli oggetti. Dobbiamo ancora dire cos’è e se è riconducibile all’ex latitante. Possiamo dire che non abbiamo trovato un secondo covo ma che stiamo cercando di verificare se quel luogo è legato a Messina Denaro

Cosa cercate?

“Cerchiamo tutto. Ci aspettiamo della documentazione. La storia della latitanza di Messina Denaro è legata a una corrispondenza che trovammo nel 2006 nel covo di Provenzano quando fu arrestato e da quelle lettere si può desumere che l’ex latitante conservasse della documentazione che per la nostra indagine era utile. Da allora ad oggi sono passati diversi anni”

Sono stati perquisiti diversi reparti ospedalieri e indagati alcuni medici. Lei stesso ha detto che il latitante è stato coperto da una borghesia connivente con la mafia. Anche negli ospedali?

“La mafia bianca lo facciamo risalire a Corleone. Da allora sempre ambienti mafiosi e medici hanno dialogato, in alcuni casi i medici sono stati uomini d’onore. La famiglia Di Matteo Messina Denaro è legata a un medico già processato e condannato in diverse occasioni. Non è una novità.

La pista medica non è un caso?

“Le indagini ci avevano portato verso quella direzione. Avevamo degli elementi che in un dato giorno ed ora sarebbe stato lì ed è stato puntuale”.

Nella conferenza stampa è stato esplicito sulle intercettazioni. Oggi ha parlato Nordio che ha detto “i boss non parlano al telefono”. Basta?

“Eccome se parlano, le intercettazioni poi non sono solo telefoniche ma anche ambientali, telematiche e tecnologiche. Del tutto naturale che parlino. L’organizzazione mafiosa per funzionare deve comunicare, in queste comunicazioni ci sono i reati e se li ascoltiamo andiamo avanti con le indagini. Senza intercettazioni le indagini per mafia non si possono fare. Peraltro, il nostro è un sistema garantista da questo punto di vista. Qui le nostre sono tutte concesse da un giudice. In altri paesi non è così. In Italia esistono tutta una serie di limitazioni, mentre in altri paesi li affidano alle agenzie del governo. Organizzazioni mafiose sono segrete, quello che avviene dentro possiamo saperlo solo in due modi: o qualcuno collabora e ci dice che succede oppure dobbiamo ascoltare quello che hanno deciso intercettandoli. Solo così penetriamo i segreti delle mafie, altrimenti non possiamo”.

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Oggi Nordio ha detto: “C’è differenza tra le intercettazioni per cercare prove e intercettazioni che diventano loro stesse una prova”. Un cambiamento della legge sulle intercettazioni vi creerebbe problemi?

“Le intercettazioni sono una prova. La voce dei mafiosi che discutono e organizzano un delitto è la prova dell’esistenza dell’organizzazione. È un reato associativo che si dimostra anche attraverso le intercettazioni”.

E per le intercettazioni su casi non di mafia?

“Anche qui la questione è semplice: i politici devono scegliere se darci altri strumenti per perseguire reati significativi. La corruzione ha le stesse caratteristiche della mafia. È un reato segreto, non ci sarà nessuno che ci darà un documento con un patto corruttivo sottoscritto. Bisogna scoprirlo o attraverso un corrotto, che non ha interesse a denunciarsi, o attraverso le conversazioni tra corrotto e corruttore. Se gli strumenti ce lo consentono bene, altrimenti non possiamo e ne prendiamo atto”.

Ancora un passaggio sull’ergastolo ostativo. Vi crea qualche problema?

“Questo ci crea qualche problema però devo dire che il decreto legge poi convertito almeno per quanto riguarda i soggetti detenuti per mafia non consente se non con una serie di barriere molto complesse la possibilità dell’ergastolo ostativo. Vediamo che tipo di seguito avrà il dibattito. Per quanto riguarda i processi di mafia l’ergastolo ostativo ha una sua importanza e induce alla collaborazione. Non mi pare una cosa afflittiva chiedere di collaborare”.

Ha parlato con MMD?

“Per pochi minuti: mi sono solo sincerato delle sue condizioni fisiche e gli ho assicurato piena assistenza medica. Gli ho solo spiegato che era nelle mani dello Stato e che lo Stato non è la mafia, loro si aspettano chissà cosa. Ha preso atto e ringraziato”.

MMD è capace di pentirsi oppure no? Collaborerà?

“Non lo so, faccio il pm. Raccolgo prove, lui sa quali sono i meccanismi. Non possiamo indurgli questa scelta. Ciascuno conosce le regole e affronta le conseguenze”.

Campobello di Mazara ha poche migliaia di abitanti. Possibile che non ci siano state delle connivenze o protezioni molto forti?

“E’ uno dei nostri campi di indagine. È meno clamoroso di quanto appaia però: nel momento in cui conosciamo un volto tutti sappiamo chi era ma fare il collegamento prima è più complicato”. 

L’ha stupita i selfie con l’infermiere?

Lo capisco per l’opinione pubblica ma non mi stupisce avendone studiato il carattere. MMD è un amante delle cose belle, gli piace piacere e non appartiene alla generazione dei vecchi capi mafia ma è un 60enne a cui piace la vita e confrontarsi con il mondo”.

Si è voluto consegnare, possibile?

“Non esiste l’ombra di un elemento che ci porti a questa conclusione. Poi ognuno può fare le congetture che vuole ma d’altra parte tutti possono parlare… ce ne facciamo una ragione”.



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-01-18 19:02:46 ,www.repubblica.it

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