Chiuse le indagini su due rappresentanti legali di Meta Platforms Ireland limited per una presunta evasione fiscale da 887 milioni di euro relativa al periodo tra il 2015 e il 2021. La società controlla Facebook, Instagram e Whatsapp. Lo ha comunicato lunedì 9 dicembre la Procura di Milano in una nota.
Una permuta
Secondo l’ipotesi dei pm Cristian Barilli e Giovanni Polizzi, l’dedica gratuita alle piattaforme di Meta sarebbe una sorta di permuta tra bene differenti: in sostanza, questa la tesi, si accede gratis al servizio, ma lo si ripaga con i propri dati personali, che conducono a un’accurata profilazione, da cui si va quindi a monetizzare vendendo pubblicità. La permuta, in quanto soggetta a regime Iva, sarebbe quindi da tassare secondo i magistrati.
Gli inquirenti rilevano come “[…] il Gruppo Meta, per consentire agli utenti l’utilizzo del proprio software e dei correlati servizi digitali, acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto, così da instaurare con i fruitori del servizio, in virtù della connessione diretta in termini di proporzionalità quantitativa e qualitativa tra le contrapposte prestazioni, un rapporto di natura sinallagmatica”.
Su queste basi, Proseguono i magistrati, sarebbe stato “omesso di dichiarare un imponibile pari ad euro 3.989.197.744,05“, “cui corrisponde un’Imposta sul Valore Aggiunto evasa pari ad euro 887.623.503,69“. In sostanza, non sarebbe stata pagata l’Iva su un imponibile pari a 4 miliardi di euro per i sei anni di attività in Italia oggetto dell’indagine.
La società, dal canto suo, respinge questa interpretazione e, come ha spiegato un portavoce dell’azienda, si dice “fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva”.
I precedenti
Quella che potrebbe essere un’interpretazione in grado di mettere in crisi l’intero modello di business su cui sono basati i social network trova alcuni appigli in giurisprudenza. Il procuratore Marcello Viola spiega nella nota diffusa ai cronisti come “la natura non gratuita dei servizi offerti da Meta era già stata affermata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel 2018, dal Tar Lazio nel 2021 e dal Consiglio di Stato – oltre che da autorevole dottrina – e ha trovato riscontro nelle attività ispettive della Guardia di Finanza, negli atti dell’Agenzia delle Entrate e infine nelle risultanze dell’indagine”.
Venti giorni di tempo
L’indagine era stata avviata inizialmente dalla Procura europea (Eppo) e poi trasferita per competenza a Milano nel febbraio 2023. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari, tecnicamente chiamato “avviso 415-bis” dal numero dell’articolo del codice di procedura penale, è l’atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio. In questa fase gli indagati hanno venti giorni di tempo per presentare memorie difensive o chiedere di essere interrogati per fornire la loro versione dei fatti prima che la Procura decida se procedere con la richiesta di processo.
La questione dei dati come merce di scambio
Il caso Meta potrebbe rappresentare un punto di svolta nel modo in cui la legge considera il valore economico dei dati personali: non si tratterebbe più solo di una questione di privacy o di protezione delle informazioni personali. Le implicazioni di questa interpretazione potrebbero estendersi ben oltre il caso specifico di Meta, perché il modello di business basato sullo scambio di servizi digitali con dati personali è infatti comune a molte grandi piattaforme tecnologiche.
Altri fronti
Le tensioni tra Meta e le autorità europee sono già evidenti su altri fronti. La società di Zuckerberg ha subito una serie di sanzioni: l’azienda è stata recentemente multata dall’Ue per quasi 798 milioni di euro per violazioni legate al marketplace di Facebook. Le autorità europee stanno stringendo il cerchio intorno ai giganti digitali attraverso una strategia che combina regolamentazione della privacy, tutela della concorrenza e ora anche controlli fiscali. Potremmo essere solo all’inizio.
Leggi tutto su www.wired.it
di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-12-10 11:59:00 ,